MONSÙ siciliani e Monzù napoletani, cuochi francesi delle cucine baronali, principesche e alto borghesi. Donata Rizzo, salentina fra Lecce e Otranto, è figlia di quella tradizione e della sua memoria domestica, che ha portato nell’osteria tradizionale Puglia in Brera. «Non sono una chef – sottolinea con umile orgoglio –, ma una cuoca di casa. Ho lavorato con una nobildonna per le degustazioni di un’azienda, ho cucinato per grandi famiglie, quando Tony Ingrosso mi ha chiamato per questo suo progetto a Milano gli ho risposto: solo se posso continuare a fare a modo mio. Per quel che so. Lui è di Gallipoli e il pesce è il suo regno, dal gambero viola al rosso. Ma mi ricordo bene come si fa il polipo in pignata, perché veniva dimenticato per ore vicino al fuoco e alla fine era morbido, saporito». Buonissimo.

«I PIATTIche ho testato con signori esigenti e ospiti importanti, il ciclo delle stagioni è il primo insegnamento della tradizione. La pasta a mano, sentirai la differenza nella consistenza diversa e nel sapore, le erbe che vanno appena sbollentate e ripassate. Il pomodoro estivo è padrone, in questa stagione non mi fido e lo aggiusto con odori e spezia. L’impasto delle polpette è quello del polpettone, materia prima e cotture sono i piccoli segreti. Noi avevamo un camino con le sedute dentro, da piccoli si viveva lì e io imparavo dalle donne di casa la maestria del fuoco, del legno alla cenere, la giusta distanza delle pentole». Una veloce alta temperatura e una lunga e bassa cottura. Ve la consiglio