VEDI I VIDEO “Voi ch’ascoltate in rime sparse il suono…” e altri sonetti di Petrarca , “Forse un mattino andando…” letta da Eugenio Montale

Firenze, 21 febbraio 2013 – Articolo pubblicato su “La Nazione” di oggi.

Firenze la ricorda
La Bettarini:  sapere e fascino

L’Accademia della Crusca e il Gabinetto Vieusseux ricordano oggi pomeriggio in Palazzo Strozzi Rosanna Bettarini. Lo fanno, in collaborazione con la Fondazione Ezio Franceschini e il Centro studi Natalino Sapegno, con un convegno volto a ripercorrere le tappe fondamentali delle sue ricerche.

Filologa autorevole, allieva prediletta di Gianfranco Contini e docente dell’Ateneo fiorentino, Accademica della Crusca e dei Lincei, direttrice di qualificate riviste, Rosanna Bettarini aveva ritagliato nel medioevo e nelle epoche antiche i campi privilegiati delle sue indagini: da Jacopone da Todi a Dante da Maiano, dal Vasari a quel Petrarca di cui nel 2005 ha fornito una nuova, mirabile edizione del “Canzoniere”. Titoli classici, cui si abbinano tuttavia la monumentale edizione critica delle poesie di Montale, allestita in collaborazione con il suo Maestro, la pubblicazione delle “Lettere a Clizia” e un’ampia serie di saggi novecenteschi.

Ma prima ancora che una letterata sopraffina, davvero raramente contestabile nelle sue ipotesi e nei suoi accertamenti, Rosanna Bettarini era una donna di gran classe: intelligentissima e abituata a far parte per se stessa, elegante e raffinata e nel contempo popolarmente semplice e simpatica. Tanto che nella conversazione con gli amici, restando persona affascinante e sostanzialmente imprendibile, si discostava del tutto dall’intellettualismo prezioso di marca continiana che connotava la sua scrittura. Ed è anche così che ci piace ricordarla, la cara Rosanna.

Marco Marchi

Voi ch’ascoltate in rime sparse il suono…

Voi ch’ascoltate in rime sparse il suono
di quei sospiri ond’io nutriva ‘l core
in sul mio primo giovanile errore,
quand’era in parte altr’uom da quel ch’i’ sono,

del vario stile in ch’io piango e ragiono
fra le vane speranze e ‘l van dolore,
ove sia chi per prova intenda amore,
spero trovar pietà, non che perdono.

Ma ben veggio or sì come al popol tutto
favola fui gran tempo, onde sovente
di me medesimo meco mi vergogno;

e del mio vaneggiar vergogna è ‘l frutto,
e ‘l pentersi, e ‘l conoscer chiaramente
che quanto piace al mondo è breve sogno.

Francesco Petrarca

(dal Canzoniere)

Forse un mattino andando…

Forse un mattino andando in un’aria di vetro, 
arida, rivolgendomi, vedrò compirsi il miracolo: 
il nulla alle mie spalle, il vuoto dietro 
di me, con un terrore di ubriaco. 

Poi come s’uno schermo, s’accamperanno di gitto 
alberi case colli per l’inganno consueto. 
Ma sarà troppo tardi; ed io me n’andrò zitto 
tra gli uomini che non si voltano, col mio segreto.

Eugenio Montale 

(da Ossi di seppia)

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