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Firenze, 27 gennaio 2015 – Si rinnovano di anno in anno in tutta Italia le iniziative del «Giorno della Memoria», la ricorrenza in ricordo dell’Olocausto istituita nel 2000 e simbolicamente fissata al 27 gennaio: il giorno, nel 1945, della liberazione di Auschwitz. Una ricorrenza di alto significato civile ed educativo, un impegno per non dimenticare in cui istituzioni e scuola, dovunque, sono insieme.

A questa grande testimonianza in difesa di valori umani allora così ferocemente calpestati (ma i diritti umani oggi nel mondo come sono rispettati?) prende parte la cultura in tutte le sue forme: non solo la ricerca storica con i suoi documenti e i suoi  approfondimenti, ma anche la letteratura ed ogni altra espressione artistica, dalla musica alla arti figurative, dal teatro al cinema, secondo un’ampia gamma di appuntamenti coralmente tesi a farsi, per via di conoscenza, unitario messaggio a presidio dell’«umano».

Ne deriva un importante invito partecipativo di tipo societario rivolto a tutti. Ecco così ragazzi ed adulti, giovani e meno giovani, pronti a confrontarsi all’insegna della memoria con duri resoconti di fatti sconcertanti ma realmente accaduti, a riflettere su di essi e su tante situazioni di intolleranza, violenza e sopraffazione che ancor oggi nel mondo permangono, a dare ascolto a moniti e richiami interiori che la loro evocazione suscita.

Ed è nella letteratura e in ogni altra manifestazione dell’arte che a quelle tragiche vicende rimanda che l’idea stessa di «umanità» converge e culmina: in una sinergica sintonia di valore etico e formativo tra memoria, consapevolezza e speranza che rende sempre attuali ed operativamente utili, nel rifiuto del male e nella responsabile, condivisa costruzione del bene, i libri di Primo Levi o il celebre Diario di Anna Frank.

Marco Marchi

Shemà

Voi che vivete sicuri
nelle vostre tiepide case,
voi che trovate tornando a sera
il cibo caldo e visi amici:
considerate se questo è un uomo
che lavora nel fango
che non conosce pace
che lotta per un pezzo di pane
che muore per un sì o per un no.

Considerate se questa è una donna,
senza capelli e senza nome
senza più forza di ricordare
vuoti gli occhi e freddo il grembo
come una rana d’inverno.

Meditate che questo è stato:
vi comando queste parole.
Scolpitele nel vostro cuore
stando in casa andando per via,
coricandovi alzandovi;
ripetetele ai vostri figli.
O vi si sfaccia la casa,
la malattia vi impedisca,
i vostri nati torcano il viso da voi.

Primo Levi 

(Shemà – Ascolta –, da Se questo è un uomo; testo presente anche in Ad ora incerta)

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