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Firenze, 23 ottobre 2015 – Articolo pubblicato su “QN” di oggi.

Con la penna e il fucile, gli scrittori in trincea
Storia e letteratura. La Grande Guerra da Palazzeschi a Jünger. Un convegno a Firenze

Si intitola “In trincea”. Gli scrittori alla Grande Guerra ed è un convegno di studi in corso a Firenze – per iniziativa congiunta della locale Università, del Centro Studi Aldo Palazzeschi, della Fondazione Primo Conti e del Gabinetto Vieusseuxche, storiograficamente applicato ad un evento eccezionale, ‘grande’ e di portata ‘mondiale’ per definizione, e scientificamente impostato sub specie letteraria, si rivelerà argomento di sicuro interesse anche per l’attualità del mondo in cui viviamo: un mondo globalizzato in cui le guerre ancora drammaticamente si continuano a combattere, e un quadro della contemporaneità bisognoso di momenti di riflessione e strumenti conoscitivi per essere sempre più responsabilmente affrontato. Cinque fitte sessioni di relazioni e interventi, con  illustri studiosi italiani e stranieri volti a recuperare e discutere in una prospettiva internazionale e programmaticamente polivalente la complessiva testimonianza letteraria che la Grande Guerra ha lasciato di sé.

Una testimonianza immensa, sterminata e a vastissimo raggio, sondata attraverso le emergenze testuali di autori che dalla loro partecipazione al conflitto hanno derivato scritture di indiscusso valore artistico e in esse modi emblematici di reagire nel rapportarsi a quella nuova, sconvolgente realtà incontrata: dal sentimento di identità patria al senso di appartenenza ad una ricreata comunità di “fratelli”, dalle emozioni provocate a contatto con la violenza, il sangue e la morte in agguato agli aspetti più grigi di una dura quotidianità fatta non solo di cruenti combattimenti sulla linea del fuoco, ma di dolorosa lontananza degli affetti, stenti ed attese.

È la letteratura, anche sul versante italiano, ad assumersi l’incarico di fissare su carta e trasmettere al futuro accadimenti, emozioni e pensieri. Dai diari minutamente giornalieri e dai bilanci esistenziali di Piero Jahier, Renato Serra, Scipio Slataper e Ardengo Soffici ai versi indimenticabili di Giuseppe Ungaretti e a quelli meno noti ma altrettanto formidabili di Clemente Rebora (senza dimenticare il giovane Montale di Ossi di seppia, con un componimento come Valmorbia, discorrevano il tuo fondo); dai tripudianti regesti in chiave eroico-vitalistica firmati Gabriele d’Annunzio e Filippo Tommaso Marinetti a quelli altrimenti impostati ma nella loro specificità ineludibili di Carlo Emilio Gadda, Alberto Savinio, Curzio Malaparte e Carlo Betocchi. Fino ad un cronologicamente distillato e bellissimo romanzo su base memoriale come Un anno sull’altopiano di Emilio Lussu, o alla requisitoria antibellicista di un lacerbiano eslege, decisamente schierato a differenza di Marinetti, Papini e dei compagni futuristi in senso neutrale, Aldo Palazzeschi, che della guerra, delle sue implicazioni, delle sue forme di umanità e disumanità rese biograficamente sperimentabili e delle sue conseguenze storiche, avrebbe parlato in uno dei suoi libri più intensi e coraggiosi, Due imperi… mancati.

Ma non solo scrittori e poeti italiani saranno posti sotto la lente dell’indagine con le complesse realtà psicologiche, intellettuali e antropologiche loro appannaggio. Ecco, insieme, scrittori e poeti europei che vissero l’esperienza della guerra combattendo nelle trincee nemiche e dando parimenti luogo a capolavori del Novecento. Si pensi al molto discusso ma indubbiamente rilevante autore tedesco di Nelle tempeste d’acciaio Ernst Jünger (sua l’affermazione in chiave potentemente anti-borghese “La guerra è un rito sacro nel quale si produce voluttà ed ebrezza”, sottoscrivibile del resto, secondo varie sfumature, da parte di molti interventisti italiani coevi), o a quello del celebre Niente di nuovo sul fronte occidentale Erich Maria Remarque.

Autori e testi appartenenti ad una stessa tradizione letteraria nazionale, questi ultimi che abbiamo richiamato a mo’ d’esempio, che consentiranno di valorizzare, tramite coniugazioni con la memorialistica prodotta in altre aree e in altre lingue, diversità e convergenze di presupposti ideologici ed ottiche partecipative registrabili all’interno di un medesimo tragico e collettivo evento.

Marco Marchi

Veglia

Cima Quattro il 23 dicembre 1915

Un’intera nottata
buttato vicino
a un compagno
massacrato
con la sua bocca
digrignata
volta al plenilunio
con la congestione
delle sue mani
penetrata
nel mio silenzio
ho scritto
lettere piene d’amore

Non sono mai stato 
tanto 
attaccato alla vita

Giuseppe Ungaretti

(da L’Allegria)

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