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Firenze, 25 novembre 2015 – Articolo pubblicato su “La Nazione” di oggi.

Il riconoscimento: va a lui l’edizione 2015 del “Betocchi-Città di Firenze”
Franco Loi, premiata la forza della parola pura

È il milanese Franco Loi il vincitore della XIV edizione del “Premio Letterario Carlo Betocchi-Città di Firenze”. Dopo avere incoronato poeti illustri come Maria Luisa Spaziani e David Leochhead, Edoardo Sanguineti ed Elio Pagliarani, Giuseppe Conte e Patrizia Valduga, il “Betocchi” premia adesso Franco Loi, autore di assoluto rilievo dell’attuale panorama letterario. Del poeta è adesso in libreria anche un intenso romanzo giovanile intitolato “Diario minimo dei giorni” (risale al 1953 ed è pubblicato da Hacca) che sarebbe a suo tempo dovuto uscire nei mitici “Gettoni” di Einaudi diretti da Elio Vittorini.

Nato a Genova nel 1930, ma vissuto fin dal 1937 a Milano, Loi ha legato a questa città il suo mondo poetico e la scelta del dialetto come lingua di poesia. Il suo debutto ufficiale si situa nei primi anni Settanta con le raccolte “I cart” e “Poesie d’amore”, cui segue nel 1975 il fermo e suggestivo poemetto “Stròlegh”, in cui la regressione linguistica al dialetto e quella psicologica all’infanzia-adolescenza si saldano, facendosi espressione di una sensibile coscienza storica.

Autorevolmente prefato da Franco Fortini, il libro impone Franco Loi come originale presenza nel panorama della poesia italiana del secondo Novecento. La forte vocazione epico-narrativa del poeta si è svolta poi, riconfermandosi e perfezionandosi, fra tensione esistenziale e libertario afflato popolare: fino ai recenti “L’Angel”, “Isman”, “Voci d’osteria”, “I niül” e l’importante auto-antologia “Aria de la memoria”.

La premiazione sabato pomeriggio, alle 16,30, alla Sala Luca Giordano in Palazzo Medici Riccardi.

Marco Marchi

Cume me pias el mund! l’aria, el sò fiâ!

Cume me pias el mund! l’aria, el sò fiâ!
j àrbur, l’èrba, el sû, quj câ, i bèj strâd,
la lüna che se sfalsa, l’èrga tra i câ,
me pias el sals del mar, i matt cinâd,
i càlis tra i amîs, i abièss nel vent,
e tücc i ròbb de Diu, anca i munâd,
e i tram che passa, i veder che resplend,
i spall che van de pressia cuj öcc bass,
la dòna che te svisa i sentiment:
l’è lí, el mund, e par squasi spettâss
che tí te ’l vàrdet, te ghe dét atrâ,
che lü ’l gh’è semper, ma facil smemuriâss,
tràss föra ind i penser, vèss durmentâ…
Ma quan’ che ’riva l’umbra de la sera,
’me che te ciama el mund! cume slargâ
te vègn adòss quèl ciel ne la sua vera
belessa sensa feng nel sò pensâss,
e alura del tò pien te càmbiet cera.

Come mi piace il mondo! l’aria, il suo fiato!

Come mi piace il mondo! l’aria, il suo fiato!
gli alberi, l’erba, il sole, quelle case, le belle strade,
la luna che muta sempre, l’edera tra le case,
mi piace il salso del mare, le matte stupidate,
i calici tra gli amici, gli abeti nel vento,
e tutte le cose di Dio, anche le monate,
e i tram che passano, i vetri che risplendono,
le spalle che vanno di fretta a occhi bassi,
la donna che ti turba i sentimenti:
è lí, il mondo, e sembra aspettarsi
che tu lo guardi, che gli dài retta,
poiché lui c’è sempre, ma è facile dimenticarlo,
distrarsi nei pensieri, essere addormentati…
Ma quando arriva l’ombra della sera.
come ti chiama il mondo! come si allarga
e ti viene addosso quel cielo nella sua vera
bellezza senza finzioni nel suo riflettersi,
e allora per la tua pienezza cambi colore.

Franco Loi

(da Isman, Einaudi 2002)

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