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Firenze, 26 febbraio 2016 – Articolo pubblicato su “La Nazione” di oggi.

Firenze per Luzi. Domani il premio
Alle Oblate la V edizione

Undici anni senza Mario Luzi, ma ricordarlo ce lo fa sentire vicino e ci riempie di gioia. Ci restano, dopo quel 28 febbraio del 2005, i suoi versi straordinari; ci resta il suo esempio, l’umana fiducia che attraverso quei testi mirabili, tra rigorosa esplorazione del dolore umano e costante apertura alla speranza, continua a comunicarci.

Si terrà domani alle 10, nella Sala delle Conferenze della Biblioteca delle Oblate in via dell’Oriuolo, la premiazione del concorso “Firenze per Mario Luzi” rivolto agli studenti delle scuole medie inferiori e superiori di tutta la Toscana, promosso dall’Assessorato all’Educazione in collaborazione con il quotidiano “La Nazione” e giunto quest’anno alla sua quinta edizione. Interverranno Cristina Giachi, vicesindaca di Firenze, Pier Francesco De Robertis, direttore de “La Nazione”, e Gianni Luzi, figlio del poeta.

Nel pomeriggio il ricordo si sposterà a Pienza, l’amatissima città dei tardi ristori estivi di Luzi, oggi sede del Centro Studi “La Barca” a lui dedicato. Un incontro congiuntamente organizzato con l’Associazione svizzera “Mario Luzi-Poesia del mondo” di Mendrisio, cui parteciperanno tra gli altri Paolo A. Mettel, Nino Petreni, l’artista Marco Nereo Rotelli e il poeta Yang Lian. Fulcro della commemorazione, la plaquette artistica 2016 della collana “Metteliana” dal titolo Il tempo umano è perenne vigilia, con una lirica di Luzi tradotta dallo scrittore ospite, considerato il maggior poeta cinese vivente.

La mattina di domenica 28 a cura del Comune di Firenze sarà deposta sulla tomba di Luzi nel Cimitero di San Michele a Castello, come da tradizione, una corona d’alloro. Completerà l’omaggio fiorentino a Mario Luzi l’iniziativa del Consiglio regionale “Palazzo aperto ai poeti”.

Marco Marchi

Ab Inferis

Più volte nell’esistenza
aveva emesso la condanna a morte
la vita stessa – che poi continuava
subdola e sorprendente.
                                          La vita stessa
con sue aguzze pene
                                   e deserte sofferenze
mi aveva spesso condannato a morte.
Ma un giorno incredibilmente
ebbero altri su di lei potere e norma.

La sentenza emanò da un orifizio
tristo, posto in una trista faccia
sotto il naso, sopra il mento e il pizzo.
A fatica riusciva a essere un volto
                                                      quella raggrinzita carne.
La parola morte, lei sola, rantolò nel mio timpano assordito.
Non ebbi chiaro allora dove fosse caduto quel macigno.
Era immane, aveva colpito solo un punto
o tutto l’universo? Ci volle molto tempo
perché affannosamente rinvenuto
da un primo bruto totale annientamento
a stento, con mortale angoscia divenissi conscio
che io, io solo, ero quel punto.
                                                   Su di me,
parvo frangente, briciola oscura del creato
era calato il colpo, era sceso quel fendente.
Mi sbalordiva enormemente quella inumana dismisura.
Su me quella violenza, su me l’iniquità
del caos
                 irriducibile e perverso
                                                      su me la mostruosa
cecità del caso
                          aveva appuntato il suo furore.
Su me si consumava, perché?,
una vendetta primordiale, accesa
ab origine del mondo
trovava me sua vittima espiatoria
la contesa capitale: e aveva nella pagina
d’un molto bistrattato tomo il suo carnefice banale.
Che oscura crudeltà, che arbitrio si abbatteva sul mio cranio!
Così erano (stupite!) ridotti a tacere
la colpa, l’innocenza,
                                   e altri dilemmi della mia coscienza.
Chi ero io? Aveva il Figlio
dell’uomo, gradino su gradino,
con me salito l’abissale scala
e portato questa croce.
O quel pensiero mi restituì
al mio male, mi rifece uomo
crocifisso ai suoi rimorsi.
Non fu la mia solamente un’atroce imitazione
ma un grido ammutolito, una protesta
del cuore umano bruciato dal peccato e dal dolore.
Ma non fu disuguale la fede nella resurrezione.
                                                                        Amen.

Mario Luzi

(“Parlata” scritta per il Consiglio Regionale della Toscana nel novembre 2000, in occasione della ricorrenza dell’abolizione della pena di morte)

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