VEDI I VIDEO “Il naufrago” letta da Vittorio Gassman , … e da Francesco Manetti , I paesaggi d’autore: Giovanni Pascoli , “L’onda” di Gabriele D’Annunzio letta da Giorgio Albertazzi in un raro cortometraggio di Ermanno Olmi (1955) , “La voce”

Firenze, 6 aprile 2016 – Ricordando l’anniversario della morte di Giovanni Pascoli (Bologna, 6 marzo  1912).

Un capolavoro pascoliano sicuramente meno noto di quanto sarebbe giusto, tratto dai Nuovi poemetti, splendidamente interpretato da Vittorio Gassman, ma anche, in una chiave di lettura diversa ma parimenti originale e pregevole, da Francesco Manetti. Un’altra coniugazione sperimentale e moderna della straordinaria poesia simbolista pascoliana, una poesia e due ottime letture di essa assolutamente da non perdere.

Le onde che dicono, rivolgendosi al naufrago (all’uomo, e all’uomo di oggi vorrei aggiungere, che di tanti tragici naufragi deve farsi luttuosamente, giorno dopo giorno, carico): «Noi siamo quello che sei tu: non siamo»; le onde che dicono di se stesse, solidali fra loro e collettivamente partecipi di un unico, inclusivo mistero cosmico: «L’ombre del moto siamo»… Ed endecasillabi, splendidi endecasillabi moderni che al pari delle onde rese coprotagoniste di questo componimento meravigliosamente si frangono, si frantumano e si accavallano, si fondono e si confondono, ridono e piangono, vivono e muoiono in un «rammarichìo soave»«– Chi è? Non so. Chi sei? Che fai? Più nulla. / Dorme? Non so. Sì: non si muove. E il mare»

Una meraviglia: un testo eccezionale, da poesia in presa diretta, da alta poesia che incanta e folgorando fa riflettere.

Marco Marchi

Il naufrago

Il mare, al buio, fu cattivo. Urlava
sotto gli schiocchi della folgore! Ora
qua e là brilla in rosa la sua bava.

Intorno a mucchi d’alga ora si dora
la bava sua lungi da lui. S’effonde
l’alito salso alla novella aurora.

Vengono e vanno in un sussurro l’onde.
Sembra che l’una dopo l’altra salga
per veder meglio. E chiede una, risponde

l’altra, spiando tra quei mucchi d’alga…

II

– Chi è? Non so. Chi sei? Che fai? Più nulla.
Dorme? Non so. Sì: non si muove. E il mare
perennemente avanti lui si culla.

Noi gli occhi aperti ti baciamo ignare.
Che guardi? Il vento ti spezzò la nave?
Il vento vano che, sì, è, né pare?

E tu chi sei? Noi, quasi miti schiave,
moviamo insieme, noi moriamo insieme
costì con un rammarichìo soave…

Siamo onde, onda che canta, onda che geme…

III

Tu guardi triste. E dunque tua forse era
la voce che parea maledicesse
nell’alta notte in mezzo alla bufera!

Noi siamo onde superbe, onde sommesse.
Onde, e non più. L’acqua del mare è tanta!
Siamo in un attimo, e non mai le stesse.

Ora io son quella che già là s’è franta.
E io già quella ch’ora là si frange.
L’onda che geme ora è lassù, che canta;

l’onda che ride, ai piedi tuoi già piange.

IV

Noi siamo quello che sei tu: non siamo.
L’ombre del moto siamo. E ci son onde
anche tra voi, figli del rosso Adamo?

Non sono. È il vento ch’agita, confonde,
mesce, alza, abbassa; è il vento che ci schiaccia
contro gli scogli e rotola alle sponde.

Pace! Pace! È tornata la bonaccia.
Pace! È tornata la serenità.
Tu dormi, e par che in sogno apra le braccia.

Onde! Onde! Onda che viene, onda che va…

Giovanni Pascoli

(da Nuovi poemetti, 1909)

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