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Firenze, 21 aprile 2016

Frammenti lirici, XXI

È primavera, questo accasciamento
Nell’ebete riflesso
D’un caldo umido vento
Che monotono incrina
La crosta cittadina
E suono fesso rende?
Forse altrove sei bella, o primavera:
Non qui, dove uno sdraia
Passi d’argilla e per le reni vuoto
Scivola il senso e gonfia la ventraia,
Mentre l’anima giace pietra al fondo
D’una gora, e si contrae
L’idea nel tempo che vien già divelto
Con nausea intorno alle cose.
Tu, mano aperta che inseguivi il mondo,
Questo hai ghermito; e primavera in festa
Il riposo ora porge e l’omaggio.
Eppur, la fede e il responso tentai;
Preda tutto dei casi, nel viaggio
Della turba pilotai;
E con rimorso mi largivo e breve
L’ozio che addólcia
In cima al sentimento i vani sogni:
Non certo i vostri, o primavera sciocca,
O lasciva città senza amore!
Ma che giovò se l’aria mi fu tolta,
Se ogni ora parve un ripiego di fretta,
Se quasi scheggia puntuta
Mi scardassò la vita;
Se, primavera, il mio cuor generoso
Soffocasti di spasimi sordi
In uno scuoter di sonno che crolla
Qui dove tutto m’offende
Con vergogna, e non trovo
Un abisso profondo per gettarmi?
Tu mi gridasti all’inutile forza
Dell’anima che pensa,
All’inezia noiosa di chi pena:
E ridevi nei tuoi rutti sozza.
Oh, se avvelenati denti
Mi saettassero fuor della bocca
Per morder cuore e cervello su te,
Mentre la gola rugghiasse a sterminio
Il terrore del mal che m’infosca
E drizzasser le mani ogni nocca
In artigli selvaggi a squarciare
Dio e i scellerati buoni!
Oh, se fuggendo trovassi regioni
Dov’occhio non mi veda né conosca,
E lieto fosse il destin nuovo al sole!
Ma primavera, tu strozzi e spunti
Ruggiti e artigli con mediocre inerzia,
E gl’impeti e le luci
Accasci e in ebete riflesso smungi;
Ben tu al fiuto del senso conduci
Nel caldo umidore del vento
Con strette di mano la placida vita,
Con strette di ordigni la provvida forza;
e in tuo buon senno mossa,
Nei plausi fraterni
Dell’ilare gente codarda
Sotto il ghigno del cielo,
All’anima maliarda
Di noi vili eterni
Tu scavi tediata la fossa.
E suggo io, intrepido, il veleno
Schizzato a vendetta
A chi di morte sfuggirà la stretta:
E te con voglia, o spirito, suggello
Sulla mia impronta severa;
Ma giù gli sguardi con terrore, voi
Tronfi bastardi della primavera,
Civil risma di eroi:
E giù il cappello!

Clemente Rebora

(da Frammenti lirici)

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