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Firenze, 19 maggio 2016

La voce

C’è  una voce nella mia vita,
che avverto nel punto che muore;
voce stanca, voce smarrita,
col tremito del batticuore:

voce d’una accorsa anelante,
che al povero petto s’afferra
per dir tante cose e poi tante,
ma piena ha la bocca di terra:

tante tante cose che vuole
ch’io sappia, ricordi, sì…sì…
ma di tante tante parole
non sento che un soffio…Zvanì

Quando avevo tanto bisogno
di pane e di compassione,
che mangiavo solo nel sogno,
svegliandomi al primo boccone;

una notte, su la spalletta
del Reno, coperta di neve,
dritto e solo (passava in fretta
l’acqua brontolando, Si beve?);

dritto e solo, con un gran pianto
d’avere a finire così,
mi sentii d’un tratto d’accanto
quel soffio di voce…Zvanì

Oh! La terra, com’è cattiva!
La terra, che amari bocconi!
Ma voleva dirmi, io capiva:
– No…no… Di’ le devozioni!

Le dicevi con me pian piano,
con sempre la voce più bassa:
la tua mano nella mia mano:
ridille! Vedrai che ti passa.

Non far piangere piangere
(ancora!) chi tanto soffrì!
Il tuo pane, prega il tuo angelo
Che te lo porti… Zvanì

Una notte dalle lunghe ore
(nel carcere), che all’improvviso
dissi – Avresti molto dolore,
tu, se non t’avessero ucciso,

ora, o babbo! – che il mio pensiero,
dal carcere, con un lamento,
vide il babbo nel cimitero,
le pie sorelline in convento:

e che agli uomini, la mia vita,
volevo lasciargliela lì…
risentii la voce smarrita
che disse in un soffio… Zvanì

Oh! La terra come è cattiva!
Non lascia discorrere, poi!
Ma voleva dirmi, io capiva:
– Piuttosto di’ un requie per noi!

Non possiamo nel camposanto
più prendere sonno un minuto,
ché sentiamo struggersi in pianto
le bimbe che l’hanno saputo!

Oh! La vita mia che ti diedi
per loro, lasciarla vuoi qui?
Qui, mio figlio? Dove non vedi
chi uccise tuo padre… Zvanì?…-

Quante volte sei rinvenuta
nei cupi abbandoni del cuore,
voce stanca, voce perduta,
col tremito del batticuore:

voce d’una accorsa anelante
che ai poveri labbri si tocca
per dir tante cose e poi tante;
ma piena di terra ha la bocca:

la tua bocca! Con i tuoi baci,
già tanto accorati a quei dì!
a quei dì beati e fugaci
che aveva i tuoi baci… Zvanì

che m’addormentavano gravi
campane col placido canto,
e sul capo biondo che amavi,
sentivo un tepore di pianto!

che ti lessi  negli occhi, ch’erano
pieni di pianto, che sono
pieni di terra, la preghiera
di vivere e d’essere buono!

Ed allora, quasi un comando,
no, quasi un compianto, t’uscì
la parola che a quando a quando
mi dici anche adesso… Zvanì

Giovanni Pascoli

(da Canti di Castelvecchio)

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