Firenze, 1 giugno 2016 – E’ una bella terna di poeti italiani, quella del mese di maggio. Post dei post Pasolini con Pasolini e le madri degli altri, che qui si può rileggere e meditare corredato dei vostri commenti come sempre molto attinenti e sensibili. Argento a Mario Luzi con Firenze, Via dei Georgofili. Anniversario di una strage con Mario Luzi, e bronzo a Vincenzo Cardarelli con Annegare nel tempo. Cardarelli. E piace segnalare che c’è, avvistabile non troppo distanziato dai tre poeti in testa già arrivati al traguardo, un piccolo drappello all’inseguimento composto da Emily Dickinson (la grande, grandissima e modernissima Emily Dickinson), Campana e D’Annunzio (rispettivamente con Emily Dickinson e il sole , Le rose di Dino Campana e Ritorno alla madre. D’Annunzio).

Tra i commenti al vincitore e al suo testo segnaliamo quelli di Giacomo Trinci e di tristan51, ma belli anche quelli di Isola Difederigo e framo (che come spesso fa gentilmente, a fine commento, ringrazia). In sequenza: “La genealogia dell’a-morale: in questo mirabile poemetto-ballata la tenaglia etico-politica che caratterizza tutta la stagione creativa che fa seguito alla giovinezza friulana si condensa in modo altamente eloquente. Queste Madri lucidamente disegnate nella loro ansia servile sono i progenitori della nostra ignavia post-politica e dopostorica. Tutto questo è reso, immergendo nella bruttura ‘civile’ la bella veste di una Poesia ancora eloquente, leopardianamente tesa; seppure come corda che cominciava ad essere lisa: la corda pazza ed alta della poesia, appunto. Presto, la ‘ballata’ stingerà del tutto nel pragma di un mondo che non vuole più la poesia, non saprà che farsene e la userà solo come inutile ninnolo per aggiornare le proprie miserie piccolo borghesi: da salò a salottino“; “Ripensando, dalla parte della ‘madre giovinetta’ di Pasolini e delle ricorrenti proiezioni-rinvenimento di stampo cristico appannaggio del figlio, a una pagina di ‘Descrizioni di descrizioni’. Il Cristo-poeta romantico di Oscar Wilde, l’Eternità e il tempo, la vita del carcere tra accettazione e spirito di rivolta nel ‘De Profundis’; l’umiltà, l’ultimo atto della Passione che distanzia in poesia Eschilo, Dante e Shakespeare; i versi del ‘Wilhelm Meister’ di Goethe tradotti da Carlyle ripetuti spesso a Wilde dalla madre: ‘Chi non ha mai mangiato il pane del dolore, / chi non ha mai trascorso le ore più profonde della notte / piangendo e aspettando il mattino, / questi non vi conosce, o potenze celesti’“;  “Una mostruosa, famelica Mamma Roma che il potere e il conformismo hanno reso sterile, e di contro un poeta lasciato solo a vivere con naturalezza e a scrivere con accorata violenza il suo dolore di essere uomo. E ancora, in Pasolini, la madre biologica, Susanna, per altro eccesso d’amore, e poi la Vergine Maria ma anche Medea: variazioni sul mito“; “Da misere, pure e complesse ‘creature di natura’ (Foscolo) quali siamo, noi lettori di poesia non ignoriamo il grido qui proferito a chiare lettere dal poeta, e, da esseri ‘poco regolari’, onesti e divergenti quali ci sentiamo, con il cuore e con la mente ci uniamo ai suoi versi nel manifestare l’urgenza di un più profondo rispetto verso il nostro “selvaggio dolore di esser uomini”. Grazie“.

Siete davvero bravi, devo pubblicamente e coralmente riconoscere, e questa volta voglio anch’io ringraziare ciascunp di voi, affezionati amici del blog, con un cordiale saluto e l’arrivederci a domani, con una poesia di…

Marco Marchi

Pasolini e le madri degli altri

VEDI I VIDEO “Ballata delle madri” detta da Vittorio Gassman ,  “Supplica a mia madre” letta dall’autore in una elaborazione video con immagini da “Mamma Roma” , Susanna Colussi, Maria adulta nel “Vangelo secondo Matteo” , L’inizio di “Edipo re”, con Silvana Mangano

Firenze, 5 maggio 2016

Ballata delle madri

Mi domando che madri avete avuto.
Se ora vi vedessero al lavoro
in un mondo a loro sconosciuto,
presi in un giro mai compiuto
d’esperienze così diverse dalle loro,
che sguardo avrebbero negli occhi?
Se fossero lì, mentre voi scrivete
il vostro pezzo, conformisti e barocchi,
o lo passate a redattori rotti
a ogni compromesso, capirebbero chi siete?

Madri vili, con nel viso il timore
antico, quello che come un male
deforma i lineamenti in un biancore
che li annebbia, li allontana dal cuore,
li chiude nel vecchio rifiuto morale.
Madri vili, poverine, preoccupate
che i figli conoscano la viltà
per chiedere un posto, per essere pratici,
per non offendere anime privilegiate,
per difendersi da ogni pietà.

Madri mediocri, che hanno imparato
con umiltà di bambine, di noi,
un unico, nudo significato,
con anime in cui il mondo è dannato
a non dare né dolore né gioia.
Madri mediocri, che non hanno avuto
per voi mai una parola d’amore,
se non d’un amore sordidamente muto
di bestia, e in esso v’hanno cresciuto,
impotenti ai reali richiami del cuore.

Madri servili, abituate da secoli
a chinare senza amore la testa,
a trasmettere al loro feto
l’antico, vergognoso segreto
d’accontentarsi dei resti della festa.
Madri servili, che vi hanno insegnato
come il servo può essere felice
odiando chi è, come lui, legato,
come può essere, tradendo, beato,
e sicuro, facendo ciò che non dice.

Madri feroci, intente a difendere
quel poco che, borghesi, possiedono,
la normalità e lo stipendio,
quasi con rabbia di chi si vendichi
o sia stretto da un assurdo assedio.
Madri feroci, che vi hanno detto:
Sopravvivete! Pensate a voi!
Non provate mai pietà o rispetto
per nessuno, covate nel petto
la vostra integrità di avvoltoi!

Ecco, vili, mediocri, servili,
feroci, le vostre povere madri!
Che non hanno vergogna a sapervi
nel vostro odio addirittura superbi,
se non è questa che una valle di lacrime.
È così che vi appartiene questo mondo:
fatti fratelli nelle opposte passioni,
o le patrie nemiche, dal rifiuto profondo
a essere diversi: a rispondere
del selvaggio dolore di esser uomini.

Pier Paolo Pasolini

(da Poesia in forma di rosa, 1964)

I VOSTRI COMMENTI

Elisabetta Biondi della Sdriscia
Questa poesia potrebbe essere scelta come inno per la festa della mamma, per fare da contraltare alle pubblicità caramellose e stereotipate che si rifanno ad un concetto genitoriale materno stucchevole e convenzionale che non piacerebbe a Pasolini, come non piace a moltissime di noi, madri tormentate dal dubbio, madri che lottano per dei valori, madri che non si adeguano, non si conformano, madri che cercano ancora di educare, madri che soffrono, che accettano di soffrire. Questa ballata è l’omaggio più bello che Pasolini poteva rendere alla sua, di madre: una madre che egli pone ai piedi della croce nel “Vangelo secondo Matteo”, sublimando il ruolo della madre di Cristo ed esaltando la grandezza e la forza della donna che ha saputo crescerlo nel coraggio della diversità.

Marco Capecchi
La madre propria e le madri degli altri: questa è la cifra, probabilmente, della poetica e dell’esistenza di Pasolini. Fare i conti con l’onnipresenza e l’onnipotenza della Madre, fosse quella biologica o la Madre Terra. E’ in questo universo che si compie l’amara e sofferta vicenda della vita.

Perdindirindina
Ancora una volta poeta dello scandalo PPP, se una madre può esser detta, contro ogni tradizione e italico stereotipo, vile e vigliacca. Perché quale madre preferirebbe vedere il proprio figlio crocifisso dal pubblico ludibrio di stampo borghese piuttosto che conformemente “sistemato” in qualità di impiegato di banca?

tristan51
Ripensando, dalla parte della “madre giovinetta” di Pasolini e delle ricorrenti proiezioni-rinvenimento di stampo cristico appannaggio del figlio, a una pagina di “Descrizioni di descrizioni”. Il Cristo-poeta romantico di Oscar Wilde, l’Eternità e il tempo, la vita del carcere tra accettazione e spirito di rivolta nel “De Profundis”; l’umiltà, l’ultimo atto della Passione che distanzia in poesia Eschilo, Dante e Shakespeare; i versi del “Wilhelm Meister” di Goethe tradotti da Carlyle ripetuti spesso a Wilde dalla madre: “Chi non ha mai mangiato il pane del dolore, / chi non ha mai trascorso le ore più profonde della notte / piangendo e aspettando il mattino, / questi non vi conosce, o potenze celesti”.

Isola Difederigo
Una mostruosa, famelica Mamma Roma che il potere e il conformismo hanno reso sterile, e di contro un poeta lasciato solo a vivere con naturalezza e a scrivere con accorata violenza il suo dolore di essere uomo. E ancora, in Pasolini, la madre biologica, Susanna, per altro eccesso d’amore, e poi la Vergine Maria ma anche Medea: variazioni sul mito.

Duccio Mugnai
C’è indubbiamente tutta la carica eversiva della poesia pasoliniana, della sua “vis blasfema” nei confronti della società del capitalismo e ancor più dei consumi. Inoltre, questa era una visione profetizzante negli anni sessanta, adesso, invece, è sempre più concretizzazione reale di trasfigurata ferocia sociale. E feroce è anche l’invettiva lirica di Pasolini che non colpisce solo il tessuto sociale, ma molto più profondamente l’essenza stessa della vita, che solo le madri posson dare, ed anche il valore etico e “vero” della famiglia di cui tanto, ipocritamente, si discute e si vorrebbero dettare leggi, che ormai sfuggono alla molteplicità dei popoli. Si parla sempre di “moralisti” per indicare coloro che si scandalizzano, dove niente sembra valere più niente: “[…] Madri vili, poverine, preoccupate / che i figli conoscano la viltà / per chiedere un posto, per essere pratici, / per non offendere anime privilegiate, / per difendersi da ogni pietà”. Dovremmo ricordare, in teoria, se non in una realizzazione di prassi, che i moralisti dicono “no” a tutto, l’uomo morale solo a se stesso.

m
Ogni volta che ripenso a questa poesia-capolavoro mi abbaglia la sua portata etica e civile: è una diagnosi, spietata e pietosa a un tempo, della desolante miseria che sembra costitutiva dell’essere uomini.

Una madre amorevolmente invadente, maniacalmente ed ossessivamente presente nella quotidianità di suo figlio: tra scandali, tragedie psicologiche, realizzazioni artistiche, poesie, film ed altro. La figura condivisibile con il mondo pasoliniano, e di cui Pasolini condivide, elogiandone, la calma semplicità e la quieta grandezza. È, quello di Pier Paolo, un costante ed affettuoso elogio di un uomo diverso tra tanti simili che rovescia su sua madre, ormai saldo ed incorruttibile riferimento, l’esplosiva carica emozionale difficilmente comprensibile ed arginabile. Una vita minore contenuta e confinata in una vita maggiore, un affetto spirituale e virgineo, giustificato in quanto possibile categoria di una deità. L’amore puro ed immacolato personificato da Susanna si fa summa di tutti i possibili legami eterosessuali, contrapponendosi alla materialità ed alla brutale carnalità sessuale, sfogo di piacere e stemperamento più animalesco dei sensi (con sfumatura anche sodomistica), rappresentata dai serali giovani borgatari romani. Tra questi due estremi contrapposti sta la complessa personalità di Pier Paolo.

Giulia Bagnoli
Una critica alla sua epoca, caratterizzata dal rifiuto di essere dei “diversi”, di seguire i propri istinti. Un attacco al Potere e al Conformismo, attraverso la figura della madre.

framo
Da misere, pure e complesse ‘creature di natura’ (Foscolo) quali siamo, noi lettori di poesia non ignoriamo il grido qui proferito a chiare lettere dal poeta, e, da esseri ‘poco regolari’, onesti e divergenti quali ci sentiamo, con il cuore e con la mente ci uniamo ai suoi versi nel manifestare l’urgenza di un più profondo rispetto verso il nostro “selvaggio dolore di esser uomini”. Grazie.

Giacomo Trinci
La genealogia dell’a-morale: in questo mirabile poemetto-ballata la tenaglia etico-politica che caratterizza tutta la stagione creativa che fa seguito alla giovinezza friulana si condensa in modo altamente eloquente. Queste Madri lucidamente disegnate nella loro ansia servile sono i progenitori della nostra ignavia post-politica e dopostorica. Tutto questo è reso,immergendo nella bruttura “civile” la bella veste di una Poesia ancora eloquente, leopardianamente tesa; seppure come corda che cominciava ad essere lisa: la corda pazza ed alta della poesia, appunto. Presto, la “ballata” stingerà del tutto nel pragma di un mondo che non vuole più la poesia, non saprà che farsene e la userà solo come inutile ninnolo per aggiornare le proprie miserie piccolo borghesi: da salò a salottino.

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