VEDI I VIDEO “Se” , Daria Menicanti tra poesia e filosofia , Documentario sul filosofo Giulio Preti (con cinque poesie a lui dedicate di Daria Menicanti, che fu sua moglie) , “L’amore (non) è eterno”

Firenze, 7 marzo 2017 – Ricordando che ieri ricorreva l’anniversario della nascita di Daria Menicanti (Piacenza, 6 aprile 1914).

Sta stretta a Daria Menicanti una nozione di poesia come ricorso alla lingua del sentimento, di un sentimento per di più che comodamente, senza imbarazzi, può essere effuso e reso transitivo in nome di un esclusivo sentire che umanamente accomuna poeta e lettore. La Menicanti, insomma, interprete sì dell’umano e della confessione, ma attraverso i filtri di una passione intellettuale che articolandosi in cultura, in consapevolezza e finanche in tecnica, in minuto, quotidiano e paziente artigianato, aspira all’artificio, all’arte, a ciò che a tutti gli effetti è una creazione, o come altri con linguaggio più asettico potrebbe definire un prodotto.

In altri termini i “miracoli” di Daria Menicanti dovrebbero apparire di più impegnativi, conquistati miracoli, anche quando la leggerezza del risultato e la sua sconcertante naturalezza metteranno fortemente in crisi anche il lettore di poesia più smaliziato, più al corrente degli ingredienti e delle piccole astuzie con cui, bene o male, anche i prodigi si fabbricano.

Il fatto è che la tanto decantata autenticità della Menicanti è prima di tutto una autenticità della poesia. Pensiamo all’amore, a questo top dei sentimenti che non accenna a volersi far spiazzare da una posizione ai vertici conquistatasi fin dalla notte dei tempi. Trovo interessante che anche nella mia personale storia di lettore della Menicanti proprio l’amore si sia puntualmente presentato – più che un tema ricorrente – nella valutazione delle punte di maggiore responsabilità distintiva e qualificante di quella espressione artistica, ma sempre in compagnia della poesia, fino a casi sensibilissimi di enucleabile citazionismo o se si vuole di riscrittura per i quali Saffo, Catullo o un più vulgato chansonnier del Novecento in cui la Menicanti ha vissuto funzionano allo stesso modo, estremizzando in maniera quasi didattica la portata e l’irrinunciabilità della poesia come storia di parole.

Non è una questione psicologica di pudore. tutt’altro. Basta leggere  una poesia come L’amore (non) è eterno o la bellissima Se che qui per la prima volta si presenta per ritrovarsi al centro di quella dialettica costitutiva vero/falso che è alla base dell’elaborazione poetica. E’ anzi non secondariamente importante che, auspice di questo spostamento nelle zone fondanti della poesia, sia proprio, non tradito, l’amore, il trattamento di un motivo.

Nel recensire con l’acutezza che gli era propria Un nero d’ombra, Luigi Baldacci proponeva a suo tempo a chiusura d’articolo, divertendosi, un’alternativa in chiave citazionale al titolo di quel libro: Umana, troppo umana. In quel “troppo” vorremmo vedere adesso l’infrazione che, comunque si connoti, apre alla letteratura, indica altri spazi esistenzialmente e umanamente praticabili. E vorremmo chiedere soltanto, con una simile coscienza delle cose difficili e delle cause perdute in partenza, se non esistano anche per la poesia di Daria Menicanti, come per l’amore, non necessariamente coincidenti, stagioni da preferire, paesaggi e scenari in cui ritrovarsi calati “è meglio”.

Marco Marchi

Con l’ultimo giardino la strada
s’insabbia, s’impaluda in un’orchestra
di rane. Steso, chiaro
mi arriva lo stagno con bruschi
cespugli, con piante leggere.
C’è un’aria di abbandono e di rivalsa
intorno alle paludi: se ne vive
ciascuno della vita e della morte
dell’altro: e questo bel verde innocente
della felce ricciuta si fa –
come il resto – da un lungo cimitero.
E qui ritrovo quel mio divenire
infinito con tutta l’altra terra
e la saggezza ironica: sapere
d’essere sostituibile sempre.
– Se questo, dico all’improvviso, questo
fosse il mio ultimo giorno –
E subito di tutto m’innamoro
tanto ogni cosa mi risembra bella
nella sua fuga, ogni spiro, ogni insetto.
E quel tuo viso stesso
– che ieri non riuscivo più a vedere –
ecco ridiventarmi fiore e festa.
O vita, o cara mia felicità.
Mi sento nuovamente buia e calda
come una linfa di pianta nel sole,
come una cosa amata.

Daria Menicanti

(da Poesie per un passante, Mondadori 1978, ora in Il concerto del grillo, Mimesis 2013)

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