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Firenze, 7 luglio 2017 – Confessiamo di essere ammiratori della poesia di Mariangela Gualtieri, della sua poesia e del suo modo di porgerla preferenzialmente legato alla scena, alla teatralità, alle possibilità comunicative ed emozionali – per usare parole di una suo testo – di una “voce che dice” come la sua.

Possibilità messe al servizio anche della poesia altrui. Come nel caso di Wisława Szymborska, interpretata con grande efficacia e capacità di suggestione in molti suoi testi, o come nel caso di Jorge Luis Borges, rielaborato e con maestria fatto proprio affidandosi al gioco tipografico del tondo alternato al corsivo citazionale (che nella raccolta einaudiana del 2014 Le giovani parole, avvisati da una nota a Bello mondo, si lascia cogliere e nella mera lettura presente in un video di YouTube senza precisazioni al riguardo si perde) di Ringraziare desidero: un componimento che è in realtà, come è stato notato e opportunamente detto “una riscrittura a quattro mani” di Un’altra poesia dei doni del poeta argentino, più che una poesia che da quel testo genericamente “prende spunto”.

Buona lettura e buon ascolto della poesia-teatro di Mariangela Gualtieri!

Marco Marchi

Caino

La voce dice che debbo andare.
Sì, andare, fare – fare, partire,
spericolare. Perché non parla
chiaro questa voce? Mi mette dentro un fuoco
mi spinge alla lotta, mi sporge tutto fuori.
Fuori! fuori! andare fare battermi
godere penetrare conoscere.
Buttarsi nelle trame del mondo
come una secchiata buttarsi
nelle trame del mondo
sulle strade srotolate della terra – o.
O restare nel pacifico delle sere
restare a casa – fermi restare.
Andare con passi con mezzi
andare via, mettere in viaggio
il cuore, in perenne galoppo.
O sostare e sostare, fissi nella radice
nell’assetto solido di chi resta
sostare quietamente.
Sostare o andare e andare. Andare o restare –
Accogliere la distesa e quello che viene.
Accogliere e in sé risuonare.
O darsi in opere e faccende,
scatenare le braccia in zappate potenti
e le dita accanirle
in opere e faccende e raccolta
e abbattere e piantare e crescere.
Oppure guardare, stare fermi, restare.
Aspettare che un’acqua discenda
e ci bagni
fino all’arsura
e al grido
della sete e delle sorsate.
O invece scorticarsi le mani
e bucare la terra
e scalzarla violentemente
manomettere tutti i granelli
e bere quanto ci piace.
Spezzare l’avversario oppure. Oppure
farne un alleato.
Rompere la formula del suo respiro
o arrischiare l’atto
della sottomissione
fino all’inchino allo strazio
della libertà.
Spezzare l’avversario, spezzarlo
o invece patteggiare con lui per l’incanto
della pace. Spezzarlo o considerare.
Armarsi attaccare farne brandelli
rovinarlo annientare.
O sollevare con lui un’intesa.
Godere di un respiro potente
e cavalcare le forze e vibrarle in colpi
oppure guardare la sua umana faccia,
aprire alla somiglianza, all’unico
che trapela da quel suo esserci,
all’essere egli vivo e davanti e
unico esemplare.

Mariangela Gualtieri

(da Caino)

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