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Firenze, 8 agosto 2017 – L’amore è il nucleo incandescente attorno al quale ruota tutta la produzione poetica di Alda Merini. Alla frequentazione del top dei sentimenti la Merini ha legato, oltre alla poesia, la praticabilità stessa della vita, sicura che la presenza e l’assenza dell’amore costituissero, più che segnali luminosi e oscuri di una capacità sensibile di emozionarsi ed orficamente esprimere, la mappa delle effettive possibilità esistenziali di fuoriuscita dalla solitudine che grava sull’«io» di ogni uomo e sulle sorti complessive del mondo.

Così una delle maggiori voci del Novecento italiano, riconoscendo il suo «Dio di amore» e proprio a lui rivolgendosi, può dire, in una sorta di puntuale ed esatto riepilogo di una vicenda infinita, dolorosa ed esaltante, di continuo rinascente da ceneri e sconfitte: «Io ho scritto per te ardue sentenze, / ho scritto per te tutto il mio declino; / ora mi anniento, e niente può salvare / la mia voce devota; solo un canto / può trasparirmi adesso dalla pelle / ed è un canto d’amore che matura / questa mia eternità senza confini».

Marco Marchi

La presenza di Orfeo

a Paolo Bonomini

Non ti preparerò col mio mostrarmiti
ad una confidenza limitata,
ma perchè nel toccarmi la tua mano
non abbia una memoria di presagi,
fusa io stessa, sciolta dentro il buio,
per quanto possa, eleborata e viva,
ridivenire caos…
Orfeo novello, amico dell’assenza,
modulerai di nuovo dalla cetra
la figura nascente di me stessa.
Sarai alle soglie piano e divinante
di un mistero assoluto di silenzio,
ignorando i miei limiti di un tempo,
godrai il possesso della sola essenza.
Allora, concretandomi in un primo
accenno di presenza,
sarò un ramo fiorito di consenso,
e poi, trovato un punto di contatto,
ammetterò una timida coscienza
di vita d’animale
e mi dirò che non andrò più oltre,
mentre già mi sviluppi,
sapienza ineluttabile e sicura,
in un gioco insperato di armonie,
in una conclusione di fanciulla…
Fanciulla: è questo il termine raggiunto?
E per l’addietro non l’ho maturato
e non l’ho poi distrutto
delusa, offesa in ogni volontà?
Che vuol dire fanciulla
se non superamento di coscienza?
Era questo di me che non volevo:
condurmi, trascurando ogni mia forma,
al vertice mortale della vita…
Ma la presenza d’ogni mia sembianza
quale urgenza incalzante di sviluppo,
quale presto proporsi
e più presto risolversi d’enigmi!
E quando poi, dal mio aderire stesso,
la forma scivolò in un altro tempo
di più rare e più estranee conclusioni,
quando del mio “sentirmi” voluttuoso
rimase un’aderenza di dolore,
allora, allora preferii la morte
che ribadisse in me questo possesso.
Ma ci si può avanzare nella vita
mano che regge e fiaccola portata
e ci si può liberamente dare alle dimenticanze più serene
quando gli anelli multipli di noi
si sciolgano e riprendano in accordo,
quando la garanzia dell’immanenza
ci fasci di un benessere assoluto.
Così, nelle tue braccia ordinatrici
io mi riverso, minima ed immensa;
dato sereno, dato irrefrenabile,
attività perenne di sviluppo.

25 febbraio 1949

Alda Merini

(da La presenza di Orfeo, 1953)

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