Whitney, la vera queen of the night
Non ricordo la data, un anno e mezzo o due fa poco importa. Ma ricordo bene tutto quel concerto, l'ultimo in Italia di Whitney Houston. L'unico di questa artista al quale io abbia mai assistito. Il Forum di Assago era gremito, ricordo che c'erano persino ragazzi arrivati dalla Croazia per vederla. Perché comunque lei rappresentava un mondo, un mondo fatto di contraddizioni spesso forti, un mondo fatto anche di speranza. Quella speranza incarnata da un'artista di colore che ha fatto sognare il mondo al pari di Michael Jackson. Ero una ragazzina quando il compact disc con la colonna sonora del film "The Bodyguard" è entrato in casa mia. I dvd non esistevano ancora e quindi tutta la famiglia aveva visto il film in videocassetta rimanendo stregata dalla voce della Houston (non siamo ipocriti, la bravura nella recitazione è un'altra cosa rispetto a quello che aveva mostrato lei). Negli anni non posso dire di essere stata una sua grande fan, sarebbe troppo comodo eleggerla a guida di una vita dopo la sua scomparsa. Mi sono sempre piaciuti i suoi successi più famosi, ma quella "When you believe" in duetto con Mariah Carey l'ho amata davvero: sussurri e poi via, le due voci in quel momento più belle del mondo si intrecciavano quasi a sfidarsi in acuti mai stucchevoli e virtuosistici. Sul palco del Forum di Assago, in quella sera che non so definire, non c'era più la brillantezza di quegli anni. Va riconosciuto che negli ultimi tempi Whitney Houston era solo l'ombra di se stessa. Il suo talento si era evidentemente perso in qualche sostanza anche quella sera, quando dopo una lunga pausa era tornata sul palco un po' troppo desiderosa di chiacchierare con il pubblico per non aver almeno bevuto qualcosa ad alta gradazione. Quello che più mi ha colpito in quel concerto, però, non è stato soltanto come anche un suo semplice sguardo sapesse tenere la scena come poche dive hanno saputo fare, ma anche il sostegno del pubblico. Whitney - perché in quel momento per tutti noi non era la Houston - ha caparbiamente tentato la migliore "I will always love you" che potesse donarci in un momento tanto delicato della sua esistenza. Non ci è riuscita con la voce, ma lo ha fatto col cuore. Perché quando ha intonato l'acuto, impossibile per qualsiasi ugola normale, il pubblico l'ha sostenuta applaudendola con un'ovazione quando è riuscita ad arrivare ad un livello almeno accettabile. Come cantava Max Gazzè, "ecco quello che la musica può fare". La musica e una grande artista alla quale il pubblico, supremo giudice, ha voluto perdonare eccessi e debolezze in nome dell'amore che provava per lei. Quella sera, al Forum, Whitney Houston è stata davvero la regina della notte. Questo è come io ho vissuto questa grande artista. I giudizi li lascio ad altri.