Il vero partito di protesta? L’astensionismo
Antipolitica, governo del popolo, programmi, schieramenti. In queste settimane se ne sono sentite tante. Troppe. Finalmente, con somma gioia di molti e anche mia, la giostra delle promesse e delle ideologie urlate come cori da stadio è finita: almeno in molti Comuni, le elezioni Amministrative hanno dato dei verdetti. Il primo, il più eclatante che fa paura e quindi nessun politico attaccato col bostik alla propria poltrona considera è l'astensionismo. Con un amico ieri, mentre aspettavamo i risultati elettorali dell'Altomilanese, abbiamo fatto due calcoli: se in una città di circa 60.000 abitanti è andato a votare il 59% degli aventi diritto: su un totale di 45.575 hanno votato in 26.898. Essendo una città oltre i 15.000 abitanti si andrà al ballottaggio: i due candidati hanno conquistato circa il 32%. Di questo 59%. Questo significa che ogni candidato è stato votato da poco più di 8.000 persone. Ogni candidato, però, è sostenuto da qualche lista, facciamo cinque. Ogni cittadino in lista non sarà solo al mondo, giusto? Avrà amici e parenti che vivono in quella città. Al netto di tutto togliamo quindi, a voler star bassi, un migliaio di voti. Quello che emerge è che in una città di 60.000 abitanti il prossimo sindaco sarà eletto per volere di 7.000 cittadini. E ieri sera, dopo lo scrutinio, nessuno di questi politici si preoccupava di rappresentare solo poco più di un decimo della cittadinanza che dovrà governare. No. Tutti a festeggiare, perché, grande leit motiv di ogni elezione, "Abbiamo guadagnato rispetto al passato" oppure "Ci siamo confermati rispetto al passato" o ancora "Abbiamo perso pochissimo rispetto al passato" e comunque "Siamo soddisfatti e ringraziamo gli elettori". Quali elettori? Gli amici? Quelli che ognuno ha accalappiato davanti ai migliaia di gazebo che popolano le città nelle settimane precenti le elezioni e che poi quando servono come punto di riferimento per le domande dei cittadini non ci sono mai? Quelli che "visto che ti ho dato il mio santino (termine aberrante per definire una testina sempre sorridente e incredibilmente più giovanissima della realtà che viene fotografata e appiccicata su un pezzo di carta per "farsi ricordare" in sede di voto) allora siamo amici"? "Votami e vedrai che non ti farai male, figliolo una volta qui era tutta campagna elettorale" cantava Caparezza. E aveva ragione. Per avere un voto in più si fa di tutto, compreso trattare gli elettori come teste vuote. Perché, vi prego, che nessuno mi dica che l'orrenda frase "vota e fai votare" significa pensare che chi ti elegge sia un individuo pensante. E' come dire "buttati nel pozzo e convinci gli altri a farlo" oppure "mangia una pizza margherita e fai in modo che lo facciano anche gli altri". Governo del popolo? In quale città? Nella città in cui chi si pone come simbolo della novità non ha neanche un programma dedicato a ogni singola città, ma ha un fascicolo uguale per tutti "perché tanto il nostro è un voto di protesta"? Protesta nei confronti di chi? La protesta, purtroppo, l'ha fatta il partito degli astensionisti ottenendo in alcune città anche il 10% dei consensi. Come vorrei la politica? Semplice: presente tutto l'anno nelle piazze senza un gazebo ma con la voglia reale di ascoltare i cittadini e i loro problemi, che non svenda il territorio che governa solo per incassare oneri di urbanizzazione, che capisca dove sta andando il mondo e che quindi non rimanga arroccato su posizioni ideologiche e che pensi davvero al benessere di chi abita in quel paese o città. Ah, ultima cosa: che non discrimini i giovani e gli anziani. Chiedo troppo? Forse sì, vista la classe politica attuale.