Road Map

Festival di Sanremo, le pagelle: bene i conduttori, sprofonda Maria Nazionale

Torna il Festival di Sanremo e, dopo il successo della scorsa edizione, tornano anche le mie pagelle. Faziose, antipatiche, ma sempre ironiche e giocose: prendetele così. Avviso ai naviganti: se non volete leggere di Sanremo cambiate blog. Accetto tutti i tipi di commenti, ma non quelli nichilisti del tipo "c'era proprio bisogno di parlarne?". Sì, io avevo bisogno di parlarne.

Si comincia:

Va' pensiero iniziale: voto 5. Intendiamoci, per i leghisti il voto sarà 10+, ma un Festival che viene ormai da decenni tacciato d'esser vecchio così non fa altro che confermarlo. Diciamo che se l'intento è quello di tenere svegli gli spettatori, non ci siamo proprio... Il sogno è che alla fine qualcuno del coro si alzi e urli "zam zammm", ma questo non avviene. Voto 4 al coraggio dei coristi.

La scenografia da fine del mondo: voto 5.5. Sembra che abbiano svaligiato la casa ad Harry Potter e che il consulente sia Gandalf del Signore degli anelli. E poi perché davanti al palco ci sono delle sedie in una teca? Ci mettono i cattivi?

La prima apparizione di Luciana Littizzetto: voto 8.5. Lei è irresistibile e, per quanto mi riguarda, è seconda solo a Paola Cortellesi e Lucia Ocone (chi sa far ridere senza essere volgare è il top e su questo non accetto discussioni). Si vede che è molto agitata, anche perché sotto l'esame dei puristi, e se la cava decisamente bene. Bene, non benissimo.

La formula del Festival: voto 4. Già ci si impiegava una vita a far finire la manifestazione con una canzone per cantante, figuriamoci con due. Complimenti a chi ha pensato alle eliminatorie, prendiamoci due settimane di ferie per seguirlo.

Marco Mengoni: voto 5.5. La sua "L'essenziale" non decolla mai e, soprattutto, lui dimostra di avere problemi con la t: "mi allonzano"... bah. Canta il secondo brano, "Bellissimo". Ecco di bellissimo c'è solo il titolo, e forse un pelo il testo, ma la voce di Mengoni è troppo poco virile per un testo del genere. Peccato, perché, Nannini e Pacifico l'hanno scritta apposta per cercare di farlo vincere. Forse hanno sbagliato Marco, doveva essere Carta e non Mengoni. Passa "L'essenziale". Siamo a posto.

L'ospitata del fidanzato di Lucio Dalla: voto 3.5. Che c'entra? A parte che, non me ne voglia, sembra Scialpi da giovane. Ma poi che senso ha?

Raphael Gualazzi: voto 5.5. Almeno ci prova. Lo scongelano solo per Sanremo, gli fanno iniziale la prima canzone - "Senza ritegno" con gli accordi di un brano delle All Saints, girl band di qualche anno fa, e cantare con la voce di Pino Daniele. Poi si riprende e sembra un po' Capossela in "Che cos'è l'amor". Il brano è un po' lunghino e alla fine abbonda di "nananana" e "nenenene", ma almeno non è più noioso in stile Avion Travel. Non si fa in tempo a dirlo, che torna ad essere di una pesantezza inaudita. "Avrei bruciato l'accidia immemore" ha il coraggio di cantare. Cioè, come mi fanno notare i miei esperti consulenti (quest'anno ne ho di molto preparati, sappiatelo), la metrica non è un'opinione!  Che Raphael siamo amico intimo di Amedeo "Più sillabe canto e più mi vanno su i bollini per la pensione" Minghi? La metamorfosi di Gualazzi: voto 3. E fattela una risata! Il televoto, giornalisti, case, libri, auto, viaggi, fogli di giornale, fanno passare "Sai ci basta un sogno", la seconda canzone. Ci spiace Raphael, sei condannato a sconfitta e oblio con sto strazio.

Daniele Silvestri: voto 6.5. La prima canzone, "A bocca chiusa" non è per nulla sanremese, però ha il merito di raccontare una storia, quella di una manifestazione di piazza, con una melodia da stornello. Non vincerà perché è troppo non convenzionale, proprio per questo però merita: finalmente un testo che parla di vita quotidiana.
"Il bisogno di te" è molto più "silvestriana", ricorda un po' "Le cose in comune", "Salirò", "La paranza", insomma è da Daniele Silvestri. Purtroppo non ha un gran ritornello e non vincerebbe assolutamente, essendo molto movimentata e con un testo troppo leggero. Passa la prima, ci piace.

Simona Molinari e Peter Cincotti: voto 6. "Dottor Jekyll e Mister Hide" è molto retrò e devo dire che non è male. Avevo un sacco di pregiudizi nei confronti di questi due, lo ammetto. Però perlomeno hanno dato un alito di vita pochi minuti dopo lo straziante Raphael Gualazzi. Ok, è facile. Ma mica l'ho deciso io l'ordine di esibizione. "La felicità" è la seconda canzone: abbiamo capito che il loro genere è quello lì. Io fossi in Simona Molinari mi arrabbierei: Peter Cincotti dice due frasi in entrambe le canzoni e per il resto è lei a svangare il lavoro maggiore. Troppo facile, Peter.

Maurizio Crozza: voto 5.5. Lui non si discute, sia chiaro. Però fa satira e purtroppo un certo tipo d'Italia la satira non la capisce (non lo scopriamo di certo stasera). Premesso che il palco dell'Ariston non è il luogo per fare politica, Crozza la premessa non l'ha capita. Porta in scena un Berlusconi meno divertente del solito. Il suo talento non si discute, ma non è esilarante. Un'occasione persa per cercare di far ridere un pubblico mummificato da decenni (ops, mi perdonerà Ramses). Le salme poi si spazientiscono (uh, un sussulto di vita: voto 9. Non se ne vedevano da decenni all'Ariston) e lo insultano. Fazio prende in mano, no dai chi voglio prendere in giro? Fazio prega il pubblico di non contestare e poi suggerisce a Crozza di continuare pensando solo al pubblico televisivo. Momento televisivo: voto 2. Ma cercare di non far sembrare l'intervento di Crozza un'elemosina di applausi era così impossibile? Poi quando si veste da Bersani, incredibilmente, la contestazione di chi gridava "Basta politica sul palco" non si sente più e iniziano le risate. A pensar male si fa peccato, ma spesso...
Ah, dimenticavo: chi ha urlato "pirla vattene": voto -10. L'Italia va a rotoli anche perché ci sono degli incivili che offendono chi sta lavorando mentre loro si grattano la pancia. Parafrasando gli Afterhours, "il Paese è surreale".

Marta sui tubi: 5.5. Il chitarrista è in pigiama, l'avran svegliato tardi. La prima canzone è "Dispari", devo dire che iniziano molto male e temo il ripetersi di una ignobile Irene Fornaciari e i suoi Sioux della scorsa edizione. Fortunatamente non è così, la canzone mi piace, il problema è che il testo non si capisce molto. Sembra parli di Facebook, ma sono ancora aperte le scommesse.
Il secondo, "Vorrei", riprende molto alcune strofe di "Confusa e felice" di Carmen Consoli e di "Non è per sempre" capolavoro degli Afterhours, per il resto il cantante se la urla per bene. Almeno qui si capiscono le strofe, il che è già un vantaggio. E infatti passa proprio questa canzone. Bah di nuovo.

Momento coppia gay: voto 4. Partiamo da un presupposto fondamentale: non servono scenette per far capire che chi non riconosce diritti a persone eterosessuali e omosessuali è un deficiente. C'è il bisogno di spot in cui le coppie sembrano tristi? No, le coppie possono essere tristi o gioiose, etero o gay, bianche o nere (sono della Juve, mi dispiace per voi), afone o con voci squillanti. Basta con gli spot, facciamo rispettare davvero i diritti.

Maria Nazionale: voto 2. Grazie. Senza Anna Oxa, Loredana Bertè e Irene Fornaciari temevo di non potermi accanire contro nessuno. Maria, grazie. Ora so che ci sei tu e posso tranquillamente infierire. "Quando non parlo mi sto zitta"? No, ma dico, stiamo scherzando? Passi l'ovvietà, ma l'italiano? Maria, altro che Nazionale: spero tu sia provinciale, al massimo.
In "E' colpa mia", Maria giustifica la partecipazione al Festival: è colpa sua. Eh sì, finalmente un parere condivisibile. Mugola in modo incomprensibile: come direbbe la Maionchi, per me è no. Il problema non è il fatto che canti in napoletano, ma il fatto che si compiaccia del suo essere neomelodica. Cioè con questa gente sembra che Napoli sia solo mugolii e tristezza: basta. Insomma, se pensavamo di esserci liberati di Gigi D'Alessio, non possiamo dormire tranquilli: c'è Maria Nazionale. Passa "E' colpa mia". E' ufficiale: purtroppo la riascolteremo.

L'apparizione di Toto Cutugno: voto 3. Momento epico. Nel senso che ha l'età di Omero. Arrivò al Festival di Sanremo quando ancora non c'erano il fuoco e la ruota. Ennesima elemosina di applausi. Alzo gli occhi un attimo e noto che il coro che lo accompagna nella nuova hit del momento "L'italiano vero" è militare. Spero che siano guardie carcerarie che poi lo riportano via, ma purtroppo non è così. E' il coro dell'armata rossa. Ancora meglio. Lasciatelo cantare, va. Anche in russo. "Ho nostalgia dell'Unione sovietica del passato": ecco bravo, Toto, già ci sono poche polemiche politiche su questa edizione...

Chiara: voto 5.5. Sale sul palco vestita di blu. Di due blu di tonalità diversa. Va bene l'ora tarda, ma almeno un sarto con dieci decimi se lo meritava. "L'esperienza dell'amore" porta la firma dei fratelli Zampaglione e si sente già alla quarta parola: "fanciullezza" è tipica loro. All'inizio si crede Carla Bruni e sussurra, poi inizia a diventare molto Tiromancino con molta più voce però. Il testo non si capisce, ma non è colpa sua. Poi inizia a capirsi e sembra un testo di Battiato, con la presunzione di Battiato ma senza l'intelletto di Battiato. Noiosa e pesante. Il secondo brano - "Il futuro che sarà" - è firmato da Bianconi dei Baustelle. Non ha senso, ha una bella voce e basta. Ecco la principale differenza fra un altro prodotto di X Factor, ovvero Noemi, e lei. Noemi si riconosce, Chiara si confonde fra la folla. Passa "Il futuro che sarà".

Luciana Littizzetto e Fabio Fazio: voto 7.  Insieme stanno bene, lei è una forza della natura non nel senso solito. Capisce quando stare zitta e quando fare la battuta, spesso intelligente e mai volgare. Lui è zerbino come sempre, ma un po' meno del solito. Nel complesso bravi, non era facile.

 

 

 

comments powered by Disqus