Road Map

“Poppins”, un Rubino venuto dal passato alla conquista dell’Italia

Lo ammetto: ero prevenuta. Quella "Il postino-Amami uomo" con la quale era arrivato secondo fra giovani al Festival di Sanremo mi aveva dato di Renzo Rubino un'immagine un po' stereotipata. Bravo, canzone d'impatto - sicuramente su un altro pianeta rispetto a quello quantomeno discutibile in cui Anna Tatangelo parlava del suo "amico omosessuale" come di un cane che dorme nel letto accanto a lei. Ah beata ignoranza -, ma forse un po' troppo impegnativa per poter essere il brano di lancio verso il grande pubblico per un giovane.  "No, ma quella canzone non la considerare proprio. L'album è tutta un'altra cosa" mi ha detto un'amica. Non credendoci, ho ascoltato tutto l'album, "Poppins". E devo dire che Renzo Rubino è molto più di "Amami uomo". 

Al primo ascolto, l'album lascia interdetti: parole pesate, ritmi spesso decisamente retrò e rime inaspettate. Insomma, non sono di certo solo canzonette. Ed è proprio questo che colpisce. Sarebbe stato facile, come lo stesso Rubino lascia intendere nella travolgente "Pop", buttare lì un "Tu sarai la forza mia, il mio gancio in mezzo al cielo" e far cantare tutti nelle esibizioni live. Invece il cantautore salentino - si noti bene: cantautore - non sceglie di certo la strada più facile. E forse è anche questo che mi ha spinto a non fermarmi al primo ascolto.

Quindi ho deciso di approfondire. E ho fatto davvero un'ottima scelta. Perché "Poppins" si gusta più avanti, una volta avendolo conosciuto meglio. E così si apprezza la genialità di quel "Come se per graffiare bastasse avere lunghe le unghie" de "Il tempo del rock" così come le storie che l'artista racconta in "Lulù", "Eri Bellissima". Perché la particolarità di Rubino è proprio questa: piuttosto che scegliere ritornelli scontati e ritmi ipermoderni, preferisce raccontare vere e proprie storie. Evocando anche monumenti della musica come Lucio Dalla in "L'ape, il toro e la vecchia".

Che non si pensi, però, che "Poppins" sia soltanto un album retrò. "Pop", "Paghi al Kg" e "Zoom" sono tre perle di ritmo e ironia. "Devi fare una canzone pop, una canzone che racconti poc" è solo uno dei tanti giochi di parole che fa capire come il cantautre salentino abbia scelto di affidare l'ironia più tagliente sui tempi moderni e sulle storture del pensiero dominante a melodie molto più movimentate e ballabili rispetto al resto dell'opera. Tutto con il fedele pianoforte, quello non manca praticamente mai. Questo è un album che un po' ti riconcilia con l'idea di case discografiche-poco spazio per i giovani-ritornelli sempre uguali-si pensa solo alle vendite.  

 

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