Overtime Festival, il bello dello sport che non alza la voce
Etica e racconto sportivo. Bel valore il primo, sbandierato sempre da tutti ma poche volte realmente applicato, grande risorsa, sempre troppo poco utilizzata in modo davvero costruttivo, il secondo. Trovare una manifestazione che li riunisca entrambi non è facile. E trovarne una che lo faccia senza la pretesa di insegnare, ma solo con l'obiettivo di raccontare lo sport a tutto tondo è ancora più difficile. Invece una rassegna del genere - forse più d'una in Italia, ma a fare difetto è come sempre la comunicazione - c'è eccome. A Macerata, città splendida nelle Marche - peraltro un giro in quella terra servirebbe a tutti per disintossicarsi un po' dalle frenesie che la Lombardia e qualche altra regione ci donano gentilmente ogni giorno - si è svolto settimana scorsa l'Overtime Festival. Un festival organizzato dall'associazione culturale Pindaro sull'etica e il racconto sportivo, appunto. Ma più che altro una vera occasione per conoscere i protagonisti veri dello sport, quelli che non ricevono soldi a palate per correre dietro a un pallone o per impazzire se un aereo fa ritardo - sì, mi riferisco proprio a quel Mario Balotelli che da sempre è la parodia di un ragazzino ricco, viziato e arrogante -, quelli che vivono di emozioni e di suggestioni.
Il centro e i luoghi simbolo della città sono stati per quattro giorni il centro totale dell'attenzione degli appassionati. Che hanno così potuto conoscere non solo personaggi di assoluto rilievo come i leggendari Andrea Zorzi e Andrea Lucchetta, la grintosa Annalisa Minetti - a volte un po' sopra le righe, ma decisamente un baluardo per chi lotta anche contro il destino beffardo - e Gianfelice Facchetti, attore e figlio dell'indimenticabile colonna nerazzurra Giacinto Facchetti, ma anche e soprattutto chi si vede poco perché sta nascosto dietro la propria matita a raccontare i valori dello sport. Come Paolo Castaldi e Riccardo Cecchetti, più che illustratori due veri e propri creatori di sogni. O chi ha sempre cantato l'amore per il calcio e il ciclismo, come Francesco Baccini. O chi ha deciso di scrivere un amore, in questo caso per i colori bianconeri della Juventus, come Marco Apolloni e Jonathan Arpetti.
Con Overtime Festival è successa una cosa strana, che solo chi era lì in quelle strade e in quei vicoli di Macerata ha potuto vivere: l'atmosfera è cambiata. I vizi dei bamboccioni del pallone non esistevano, i ciclisti che si riempiono le vene di qualcosa che non sono non venivano neppure presi in considerazione, le società di volley che hanno promesso soldi e lavoro per poi scappare lasciando le giocatrici e lo staff in balia del loro destino non venivano mai menzionate: Overtime ha raccontato soltanto il bello dello sport. Quello che fa venire la pelle d'oca quando si sente un coro di sana e genuina gioia allo stadio, quello che fa commuovere quando un atleta si dimostra più forte persino della sorte, quello che fa unire un popolo attorno a un televisore. Quello vero. Mettendo la testa sotto la sabbia? Certo che no. I problemi nello sport esistono eccome, quello che i quattro giorni di Macerata hanno cercato di fare è stato metterli in pausa per cercare di far riemergere il divertimento e la passione che caratterizzano ogni disciplina. E ci sono riusciti.