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“Votami”: chi vuole davvero bene all’Italia?

"Votami e vedrai che ti trovo un posto di lavoro, votami e vedrai che non ti farai male, votami e vedrai che da domani ti vorrò bene" cantava Caparezza in un brano di qualche anno fa sempre più desolatamente attuale. A bocce ferme - anzi, veramente stanno succedendo ancora fatti per cui certe bocce si muovono vorticosamente, ma lasciamo perdere -, esprimo il mio parere sui politicanti e una campagna elettorale che più che altro sembra un'elemosina. Costante, continua: uno stillicidio di proclami e appelli per cercare di racimolare qualche voto. Premetto che ho le mie idee politiche, ma non ho mai avuto nè avrò mai una tessera. A parte quella dell'Auchan, dell'Esselunga - le bistecchiere e le pirofile che danno con le raccolte punti meriterebbero voti e applausi, ammettiamolo - e dei giornalisti. Proprio per questo non ho tessere di partiti.

E proprio per questo, noi non tesserati siamo molto ambiti. Perché siamo considerati gente da "convertire", visto che non siamo ancora ufficialmente marchiati. Io marchiata mi ci sento eccome: marchiata dal mio cervello, che purtroppo per i politicanti funziona eccome, marchiata dai miei desideri, marchiata dalla mia coscienza. Quindi "non convertibile". In campagna elettorale, però, tutto è lecito. Quindi a nessuno dei "concorrenti" - parlare di candidati sarebbe troppo nobile per certe figure - viene in mente che una persona che ha già le proprie idee deve essere lasciata stare. No. Quindi ecco arrivare l'ignobile volantino con il faccione sorridente e palesemente da prima comunione nella buca delle lettere a casa, ecco che al mercato, quando tu devi soltanto prendere un po' di frutta e verdura e magari una cerniera per sistemare quella del cappotto che si è suicidata - forse pensando alle imminenti elezioni, bontà sua -, arriva un'orda di persone liberata dai tanti gazebo che si nascondo fra le bancarelle e cosa ti dà? L'immancabile santino. Dicesi "santino" un cartoncino in cui il "concorrente" si mostra in una foto finta, vestito in modo finto, con un sorriso finto. Dietro il suddetto cartoncino c'è un appello che è il più ignobile possibile: "Scrivi..." e poi il nome del "concorrente". Scrivi? Cioè tu "concorrente" arrivi in uno spazio in cui non ti vorrei mai vedere, irrompi nella mia vita quotidiana, mi fai promesse che anche mia nipote di sette anni sa che non potrai mai mantenere - e che non vorrai neanche farlo - e mi dici pure cosa devo fare credendo che l'essere pensante fra i due sia tu? Non scherziamo.

Non è finita. Perché il cittadino quando inizia la campagna elettorale diventa elettore. Cosa significa? Che se andasse da un politicante ad affermare "Ti voto e ti faccio votare (importantissimo il passaparola come le catene di Sant'Antonio, eh) se plastifichi tutti i piccioni che rovinano la facciata di casa mia", il "concorrente" il giorno dopo sarebbe pronto con macchinari di ogni genere e fionde per obbedire e conquistare così quella ambita crocetta. Alle prossime elezioni, per favore, qualcuno rivolga una domanda del genere a uno dei "concorrenti": "In concreto, cosa farai nei primi 100 giorni del tuo mandato? E nei primi due anni?". Non si avranno risposte, ma solo tanti giri di parole. Se poi, per disgrazia - perché le persone quando diventano "concorrenti" incappano in una trasformazione che ha del drammatico -, capita di conoscere personalmente i "concorrenti" da prima della "discesa in campo" si assiste a scene che definirei pietose: "Quanti voti mi porti?", "Votalo, è un veterinario. Poi così porti il tuo cane a fare le visite gratis", "Qui prenderò almeno 100 voti?" sono solo alcune delle affermazioni da mercato dei voti che fanno capire quanto l'Italia sia caduta in basso. Per non parlare di "Scusa, ma su quali temi punti? Cioè quale sarà il tuo programma?"..."Eh, non so. Vediamo cosa dice il partito". Solo fantasia? Magari. Soprattutto perché vorrebbe dire che quelli che vogliono governarci non ci ritengono davvero dei cretini.

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