Sanremo mai capaci di avere un festival decente? Con Celentano no
E' partito in sordina, niente da dire. La crisi, il calcioscommesse, le Olimpiadi mancate. No, non c'entra nulla di tutto questo. Il Festival di Sanremo è partito in sordina perché, a parte la ridicola polemica che ha visto protagonista Adriano Celentano, non c'è stato motivo di degnare la kermesse di grande attenzione. Ma è giusto concedere un'opportunità anche al Festival di Sanremo. Ecco le pagelle della prima serata. Avviso ai naviganti: il buonismo non mi appartiene.
Eccolo lì, il leit motiv del Festival di quest'anno è, come l'anno scorso, "Un mondo d'amore", una delle canzoni che hanno reso celebre Gianni Morandi. In passato. Ecco appunto, in passato. "C'è un grande prato verde dove nascono speranze" e le speranze di questo Festival si chiamerebbero Finardi, Matia Bazar e Irene Fornaciari? Se così fosse, preferisco un mondo senza speranze. Ma della mia idiosincrasia per la figlia di Zucchero, perché ammettiamolo canta solo perché è la figlia di Zucchero, avrò modo di parlare nel seguito del post.
Si inizia con coppia Luca e Paolo, che a me è sempre piaciuta, però stavolta ha un pelo esagerato. Ora, non è che la politica debba essere presente proprio sempre sempre, si può ogni tanto anche non fare polemica, non parlare di tasse, di Berlusconi, di governi, soprattutto se non si è a Ballarò, ma ci si trova in una kermesse musicale. Luca e Paolo: voto 5 di stima.
Lo confesso: i tizi del pubblico che si alzano quando passa Morandi per stringergli la mano mi irritano. Cosa pensano succeda? Che con l'imposizione della sua mano si guarisca da ogni male? Voto: 2.
Dolcenera (Ci vediamo a casa): Lo dico subito, a scanso di equivoci. Lei, Arisa e Samuele Bersani sono i miei favoriti, segue Renga ma solo perché lui è uomo da festival. La canzone ha melodie rock con un testo molto pop della serie "ci amiamo, però è difficile, ma ci amiamo". Peccato che Dolcenera si mangi le parole almeno per la prima parte del brano. Voto alla canzone: 6. Voto all'abbigliamento abbagliante e al ciuffo verde modello tatuaggio scolorito: 4.
Samuele Bersani (Un pallone): Eh sì, in effetti entra sul palco con le scarpe tacchettate. Bersani non ha mai avuto una gran voce e probabilmente questa volta è anche sfavorito dal mal di gola, ma il testo è notevole. Purtroppo anche lui si mangia le parole, sarà un virus. In una parte, mi fanno notare esperti, la melodia ricorda "La ricetta" di Cesare Cremonini. Però, siccome mi piace anche Cremonini, non mi sento di condannarlo. Voto: 7.
Ecco no, l'intermezzo di Rocco Papaleo non avrebbe mai dovuto esserci. Bravo attore, sicuramente. Ma al Festival di Sanremo al massimo può fare il segnaposto. Cerca di far ridere, ma compie l'errore fatale: richiama la politica. E io ho detto all'inizio del post che la politica al festival non la voglio. Papaleo voto: 5. Il pubblico che ride a ogni battuta voto: 2.
Noemi (Sono solo parole): Capelli e vestito si abbinano, peccato che si capisca che non ha il reggiseno e che per guardarla servano gli occhiali da sole. Detto questo, è una delle poche che salutano - "Buonasera" - prima di iniziare a cantare. Un po' di educazione, una rarità. La canzone è scritta da Fabrizio Moro e si sente. Infatti avrebbe dovuto cantarla lui, se non fosse molto in stile "Eppure mi hai cambiato la vita", già portata da lui sul palco dell'Ariston. Mi spiace, Noemi mi piace, a parte l'orecchino da Jem e le Hologram che porta con orgoglio, ma stavolta ha sbagliato canzone. Non la veste, non le si addice. Forse perchè eravamo stati abituati con Fiorella Mannoia e Vasco al lavoro per lei. Voto: 5.
Francesco Renga (La tua bellezza): Non parte benissimo, va detto. E all'inizio, mi fanno notare i soliti esperti che sono davvero esperti, copia pure un pochino i Negramaro in "Via le mani dagli occhi". Però poi si conferma uomo da festival e quindi arriva con i suoi acuti incredibili, con le sue odi alle donne (in stile Angelo) e sinceramente, anche se non mi piace più di tanto rappresenta la manifestazione. Detto ciò, visto che non mi piace più di tanto, voto: 6.
Chiara Civello (Al posto del mondo): Lo confesso, pensavo che per essere fra i big si dovesse essere noti. Invece sembra di no. L'inizio del brano è Due destini dei Tiromancino, poi inizia a cantare e si conferma una Nina Zilli bis con il volto di Valentina Cervi. Qualche insertino che ricorda il tango rende il brano più intrigante. Niente di che, per carità però dai per una che è stata buttata fra i big evidentemente solo per questioni anagrafiche direi che poteva andare peggio. Voto: 6.
Irene Fornaciari (Grande mistero): Non poteva che andare così. Non potevo non stroncarla: ha il talento di un catino di ghiaccio secco. A vestirla è un capo navajo che le vuole male e quindi il risultato è un mix fra un caso da riserva indiana e una megera. Gli occhi non aiutano e la voce neppure. "Lune a dondolo io ne ho cavalcate su strade proibite": ecco questo è quello che ho capito della canzone. Stimo Davide Van De Sfroos, quando scrive in dialetto però. Così è peggio, il che è difficile, delle canzoni di Anna Oxa degli ultimi anni. Ero incattivita con lei, lo ammetto. E pensavo di essere troppo crudele. Poi però ha pensato lei a saltare e urlare "Vai Sanremo". Ecco, ora ho la coscienza a posto. Voto: 3.
Momento Celentano: Entra in punta di piedi (a introdurlo sono solo un paio di minuti di bombardamenti, così per capire che non sarà mica un intervento godibile. Non sia mai che con Celentano si sta tranquilli). Segue un altro minuto in cui Celentano si vede, non parla e il pubblico (a cui ho più volte dato 2 per un motivo) inneggia a lui. Poi decide di fare il Celentano, ovvero un cantante che decide di fare il filosofo. Ed ecco che spara la bomba: "Giornali come l'Avvenire e Famiglia Cristiana andrebbero chiusi definitivamente". A naso, a Natale la benedizione a casa Celentano non ci sarà. Per il resto è tutto il solito parla parla, le solite opinioni di un settantenne che invece di parlare fra la gente, lo fa da un palco. Ma c'è ancora il tempo per un'ulteriore crollo: sì, lei, Elisabetta Canalis. Il pathos nella sua recitazione è tale che in confronto una tavola da surf sotto due metri di terra fa vibrare i cuori. "Sono Italia", dice la necessaria Canalis senza la quale di certo l'Ariston non avrebbe neanche aperto. Ora, la povera Ivanka Mrazova, la valletta "titolare", se non fosse stata colpita da torcicollo/attacco di panico/siluramento dell'ultimo minuto sarebbe stata credibile dicendo "Sono Italia" con un accento marcatamente dell'Est? Probabilmente più della Canalis. Canalis voto 2. Celentano e la sua scenetta (di certo per nulla preparata, tutto improvvisato eh sì) insopportabilmente politica voto: 4. L'insopportabile scenetta con Pupo: 0. Io che non avevo capito che sul palco dell'Ariston si rivelano notoriamente verità voto: -10. La tentazione di abbandonare e guardare un film qualsiasi con Franco Franchi e Ciccio Ingrassia è forte, ma aspetto Bertè e D'Alessio, peggio del trio Celentano-Morandi-Pupo non potranno fare. Gli avevo dato 4? No vabbè ma gli insulti ai giornalisti di Avvenire, Famiglia Cristiana e Aldo Grasso meritano 0 così come chi ha permesso a Celentano di parlare in tv. Peraltro, piccolo inciso ispiratomi dagli esperti, la struttura dell'interminabile intervento del Profeta è esattamente da messa cantata - ovvero canzone, salmo, canzone, salmo -, proprio quella messa che lui critica. Che dire, ho finito i numeri.
Emma Marrone (Non è l'inferno): La prima parte non pervenuta, l'urlatrice Marrone stranamente sussurra come neanche Carla Bruni dei tempi migliori. La canzone è su debiti, società, lavoro che non c'è. Scritta dal cantante dei Modà e in stile Modà sarebbe anche carina, peccato per quel "na nananana" a un certo punto. Dopo Celentano, tutto sarebbe eccezionale quindi ha uno 0,5 in più fisiologico. Voto: 6.5.
Marlene Kuntz (Canzone per un figlio): Ora, partiamo da due considerazioni ovvero che se avessero partecipato con "La canzone che scrivo per te" avrebbero sbancato Sanremo e che se non avessero messo le trombe nella canzone forse sarebbero stati più credibili. Terzo aspetto, la delusione. Il rock a Sanremo non paga, saranno eliminati il prima possibile, di certo però neanche loro hanno fatto molto per impressionare. Voto: 5.
Eugenio Finardi (E tu lo chiami Dio): si presenta vestito e pettinato come Paulo Coelho o Giorgio Faletti - ormai sono gemelli -, stecca l'inizio del brano forse per un problema di audio e continua tipicamente alla Finardi. Purtroppo per me la sua voce è legata inscindibilmente a "Extraterrestre portami via, vorrei una stella che sia tutta mia" quindi la sua partecipazione al festival non ha senso. I suoi gesti teatrali non hanno una fine, voto: 4.
Gigi D'Alessio e Loredana Bertè ( Respirare): La Bertè entra vestita da Yoko Ono e capisco subito che il duo darà gioie. D'Alessio è scocciato, la Bertè nel suo mondo. "Sono chiusa a chiave e ci resterò" prova a graffiare la Bertè e questo è l'augurio di molti. "Tattarì tattattè" urla di nuovo Loredana. Una ninna nanna cantata da lei ha trasformato un potenziale chierichietto nel mostro di Milwakee. Le chitarre elettriche, Gigi D'Alessio che suggerisce le parole alla Bertè, la suddetta che gratta la propria trachea come neanche un'auto con la frizione alzata e il pubblico che urla "Gigi! Gigi! Gigi" rendono il mio voto inevitabilmente 10. No neanche per idea: voto 2.
Nina Zilli (Per sempre): Vestito e pettinatura da Amy Winehouse - scelta non azzeccatissima visto il triste destino che si è abbattuto sulla suddetta - la rendono di un'altra epoca, la canzone rispetto alle sue ultime (peraltro è una modello Renga: la scongelano prima del festival) è diversa. La sua voce non si discute, Casalino si è impegnato. Bisogna riconoscerlo. Molto sanremese, potrebbe essere la sorpresa. Voto: 7.
Pierdavide Carone e Lucio Dalla (Nanì): Carone non ha capito che per essere artisti non è necessario non tagliarsi i capelli. Di fatto è teleguidato da Lucio Dalla, brano che parla di una prostituta in modo molto leggero. Non vincerà, è chiaro. Ma fa parte di quelle canzoni che sono nel limbo fra il "le ricordiamo" e il "quale brano era?". Voto. 5.5.
Arisa (La notte): Non è più il fenomeno da baraccone di "Sincerità" e dimostra di avere anche dei contenuti. La sua voce era nascosta dietro agli occhialoni dell'ultimo Sanremo a cui ha partecipato, ora li ha tolti e tutti la possono sentire. Il ritornello rimane subito impresso, così come successe per "Sincerità". Che la fece vincere. Chissà che quest'anno non si ripeta e che lo scempio del podio con Pupo e il principe dall'ugola di pezza si possa dimenticare. Brava Arisa. Voto: 8.
Matia Bazar (Sei tu): Ecco, loro sono un altro dei miei sparring partner. Non sopportavo i gorgheggi di Antonella Ruggiero e non tollero quelli di Silvia Mezzanotte. La poverina non è aiutata dal vestito, che sembra una monoposto della Ferrari in Formula 1. La canzone dei Matia Bazar ricorda Gente come noi di Spagna - rendiamoci conto - e un altro brano in inglese che, giuro, non ricordo. I Matia Bazar sono sanremesi nel dna, anche perché durante il resto dell'anno nessuno sa dove finiscano. Voto: 6 per evidenza.