Alex, come te nessuno mai
Premessa: sono juventina praticamente da sempre. Da quando mi ricordo ho amato quei colori, così semplici e fondanti di tutto ovvero il bianco e il nero. Mia madre ha sempre avuto un debole per Fabio Capello e Stefano Tacconi prima (ce l'ha ancora oggi che si è fatto i capelli color biondo platino e di credibilità ne ha persa un bel po') e per Edgar Davids e Pavel Nedved poi, mio padre e mio fratello hanno sempre tifato Juventus. Sono donna, ma non incompetente di calcio. Sembrerà strano, ma c'è chi dice che ne capisco. Forse perché le prime due parole che ho letto in vita mia erano in un titolo della Gazzetta delle Sport, semplici a dire il vero "Napoli: Careca". Forse perché lo sport, tutto e dico tutto, da sempre mi fa sognare. Per cinque o sei anni sono andata allo stadio, a vedere una squadra di Serie A. Poi, per motivi di lavoro, per qualche altro anno sono andata sui campi di provincia, a vedere squadre di Serie D. Tutto questo per dire che non sono rimasta alla visione di una quindicenne che dice "Oh che bello quel calciatore, tifo per lui" (anche se oggettivamente ci sono atleti che deliziano molto gli occhi di noi pulzelle). Ecco, oggi sapere che un atleta che ha fatto innamorare del calcio moltissime migliaia di persone in tutto il mondo non calcherà più l'erba degli stadi italiani mi fa abbastanza strano. Perché, e lo dico da juventina e da persona che ama lo sport, Alessandro Del Piero è il calcio. E' la faccia pulita, quella faccia da bravo ragazzo, da capitano che non ringhia mai ma che piuttosto parla con quel suo tono di voce mai sopra le righe. E' quello che ha inventato le punizioni "alla Del Piero" che quando le vedevi dal vivo sapevi già che sarebbero state magiche. E' quello di quella rete al River Plate in Coppa Intercontinentale, è quello di quel gol balistico contro la Fiorentina quando era ancora un ragazzo. E' quello che ha ispirato il 3-1 contro il Real Madrid, quando la curva del Delle Alpi aveva esposto lo striscione "Una stella illumina il tuo cammino, forza Juve vincere è il tuo destino" subito dopo la morte del patron Agnelli. Alessandro Del Piero è quello che "è finito", "è risorto", "è finito", "è un leader", "non è più un giocatore determinante", "è l'unico che può fare la differenza" un sacco di volte in un saliscendi continuo di giudizi. E' quel talento cristallino la cui azione travolgente, il cui colpo di genio allo stadio ti fa piangere di gioia, ti fa abbracciare sconosciuti, ti fa sentire parte di qualcosa. Alessandro Del Piero è stato per tanti anni ed è ancora quel lampo che in un mondo spesso crudele e asettico suscita delle emozioni. Ed è quello, l'unico, che impersona "lo stile Juve", lo stile mai sopra le righe. Alex, come si è sempre chiamato per tutti, avrebbe potuto urlare al mondo la sua rivincita quando, dopo essere stato più volte bollato come "giocatore finito", ha guidato la sua squadra alla conquista dello scudetto. Per dirne una, Antonio Cassano avrebbe dovuto leggere una sua biografia e imparare l'educazione. Ecco l'ho detto. Perché io per Alessandro Del Piero avrei immaginato un altro futuro, un futuro se non ancora alla Juventus in veste di uomo immagine almeno sul campo fra i ragazzini. A insegnare loro, a insegnare ai tanti piccoli Cassano futuri, l'educazione che deve esistere in campo e fuori. La classe in campo ce l'hanno in tanti, Lionel Messi e Cristiano Ronaldo in primis. Ma la classe nella vita, la voglia di sussurrare più che di gridare, di aspettare che gli altri finiscano di parlare prima di dire la propria, di dimostrare con i fatti verità che molti tromboni mettono in dubbio con parole retoriche, vuote e spesso campate per aria, quelle sono virtù appannaggio di pochi. Alessandro Del Piero non è mai stato un "numero 10" tipico. Per questo il suo numero, la sua maglia, deve essere ritirata. Perché quando si dice, prendendo a prestito il titolo di un film di Gabriele Muccino, "Come te nessuno mai", è vero: si potranno vincere scudetti e Coppe di ogni genere, ma come Alessandro Del Piero non ci sarà nessuno mai.