Si guardano allo specchio. Da sempre. E si dicono: “Quanto siamo bravi”. E’ un peccato il narcisismo? Forse, ma solo quando è vuoto, privo di argomenti. Non come nel caso di Elio e le Storie Tese. Sono bravi. Sono i più bravi, almeno in questo festival di Sanremo, e lo sanno. Si compiacciono. Giustamente si compiacciono. In fondo Frank Zappa, forse l’unico riferimento applicabile agli Elii (e non solo per il look per il bassista Faso) cantava, autoelogiando le dimensioni del suo organo riproduttore, una frase idiomatica siciliana (“tengo una minchia tanta”) e si divertiva a dimostrare al mondo che cosa riuscisse a fare. Ogni volta alzava l’asticella. E ogni volta sorprendeva. A Sanremo gli Elii non hanno sorpreso per il look (anche se la versione chierichetti non era affatto male), quanto per aver portato in scena un divertissement che altro poi non è che una canzone. Anzi, una canzonetta nel tempio delle canzonette. Una canzonetta concepita con una nota sola. “Mononota” appunto. E destinata, se questo fosse un paese normale, a diventare il prossimo tormentone. Anche se non ha la strofa-ritornello “Cuore-amore”, anche se non è troppo languida. Un pezzo con riferimenti alti (Rossini) e anche un po’ più bassi. Una versione live che sprizza gioia e cazzeggio da tutti i pori. E non hanno nemmeno avuto bisogno di imitare qualche politico per strappare sorrisi e applausi al pubblico. E’ forse la canzone meno sanremese e più da festival che si sia mai ascoltata. E loro lo sanno. Andavano dritti a Sanremo con un pezzo “Dannati forever” che doveva essere il loro pezzo sanremese, ma speravano che passasse “La canzone mononota”. E così è stato. Per fortuna. Se questo festival fosse davvero rivoluzionario, non ci sarebbe bisogno nemmeno di aspettare sabato per proclamare il vincitore. Perché dare un premio della critica alla “Canzone mononota” sarebbe così scontato da farci gridare: “Il solito festival”. E poi le parole hanno ancora un senso. Mononota, non monotona. Le canzoni monotone le fanno gli altri. E magari le presentano pure a Sanremo. Viva allora il narcisismo di Elio e le Storie Tese. Per tutto il resto c’è sempre il festival. Ma è meglio, anche a Sanremo, visti i tempi, non accontentarsi.