Ian Brown lo cantava. “Voglio essere adorato”. Ma gli Stone Roses, pur essendo immersi in quella Madchester (non è un refuso, l’avevano ribattezzata proprio così la Manchester operaia che si ritrovava nella Hacienda a ballare e a scoprire nuove band), non ci sarebbero mai riusciti. Anche se i due Gallagher – prima che diventassero fratelli coltelli – non hanno mai nascosto la passione smodata per gli Stone Roses. Loro sì che sarebbero stati adorati, quasi idolatrati. Vent’anni fa, proprio oggi, usciva il primo disco degli Oasis “Definetely Maybe” per la Creation di Alan McGee, l’etichetta che dopo aver lanciato Primal Scream, My Bloody Valentine, si preparava ad aprire un altro fronte. Agosto 1994, i parametri di quello che sarebbe stato chiamato BritPop stavano per essere definiti. Gli Oasis si presentano con “Rock’n’roll star”, il primo singolo del loro primo album, che suonerà come una profezia. Diventeranno davvero delle star del rock’n’roll con tutti gli annessi e connessi: sbornie, scazzottate, love story e soprattutto una rivalità sfacciata – su cui anche i tabloid giocheranno molto – quella con i Blur prima di proiettare lo scontro in casa, inaugurando la rivalità fratricida. Vent’anni dopo gli Oasis non esistono più. Col tempo in pieno revisionismo musicale c’è chi ha cercato di scalfire la loro storia musicale. Troppo piaciona (tanto da declinare un vero e proprio look o da convincere che sì il pallone, quello di squadrette un po’ sfigate come era allora il Manchester City pre-sceicchi, non era roba solo per lo sportivo unidimensionale che non va oltre a moduli e campagne acquisti), troppo single le loro canzoni da diventare spesso tormentone (ed è nota l’allergia ai tormentoni, soprattutto estivi, di chi è convinto di avere una visione manichea della musica, su ciò che è alto e ciò che è basso). Al netto di tutto questo, pur essendo parecchio piacioni, hanno contribuito in maniera determinante a rendere quegli anni Novanta meno noiosi di come si poteva pensare allora. E soprattutto l’hanno fatto quando già un mito di quei Nineties, Kurt Cobain, se ne era andato. Comunque la loro profezia con quel singolo (“Rock’n’roll star”) che uscì esattamente vent’anni fa, si stava già avverando. Ma il vero singolo è quello che non sarebbe mai entrato in nessun album da studio. Nemmeno in quello successivo (“What’s morning glory”) che li avrebbe consacrati. Si chiama “Whatever” e quegli archi lì avrebbero generato paragoni impensabili – per cui oggi molti diventerebbero rossi in viso al solo pensiero – con i Beatles. Gli Oasis non avevano bisogno di diventare i nuovi Beatles. Anche perché non era proprio (tecnicamente e non solo) possibile. Volevano solo essere adorati. E ci sono riusciti. Con buona pace dei due fratelli che, almeno su quello, andavano d’accordo.