«A BRUXELLES hanno tirato su una grande struttura monetaria e poi hanno buttato via la chiave della porta d’accesso»: fuor di metafora, gli sventati signori dell’euro non avevano previsto, al momento del varo, l’ipotesi di una grave crisi della moneta unica e una, conseguente, via di fuga.

CHI HA SCRITTO queste note non è stato Silvio Berlusconi o Beppe Grillo e neppure Enrico Letta o l’ex delfino Alfano, ma un grande economista americano, Milton Friedman, che, già nel 2000, fece recapitare le sue osservazioni a un euroscettico della prim’ora, Antonio Martino. Oggi stanno tutti diventando insofferenti alle ingerenze di Bruxelles, a cominciare proprio dal Presidente Napolitano che, anni fa, quando non era ancora al Quirinale, si era invece schierato apertamente contro l’ex-ministro siciliano in un infiammato dibattito a Londra. Come se non bastassero i rimbrotti della “Thatcher teutonica”, la cancelliera Angela Merkel, ecco che ci vengono a dare lezioni anche tanti sconosciuti euroburocrati, come il commissario Ue agli Affari economici, Olli Rehn, tanto da provocare la risentita reazione del  nostro premier.

CHE FINE hanno fatto gli ideali fondatori di De Gasperi, Adenauer e Schumann? Oggi il club di Bruxelles sembra diventato una specie di caravanserraglio dove i primi della classe continuano a dettare legge e a tiranneggiare, mentre i ripetenti non hanno pure diritto di parola.  Invece di sgridarci con il ditino alzato, il caro amico Rehn dovrebbe iniziare a fare i conti in casa propria: quanto costano a tutti i cittadini europei le pletoriche strutture dell’Unione, tra miriadi di commissari e funzionari che girano a vuoto, difendendo lo status quo? Per non parlare di tutta la zavorra dell’Europarlamento con spese talmente vertiginose e faraoniche che, al loro confronto, impallidiscono pure quelle di Montecitorio.

NELLA LETTERA a Martino (figlio di Gaetano, un altro padre europeo), Friedman aggiungeva: “Consiglia ai tuoi amici della Banca d’Italia di conservare la matrice con cui si stampano le banconote in lire: non si sa mai”. Chissà se in qualche  anfratto, in  un oscuro e polveroso “caveau” di Via Nazionale, ci sia ancora quella benedetta matrice…
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