ITALIA, Paese di santi, poeti, navigatori e masochisti. Tra le molte boutade, spesso discutibili, degli ultimi giorni, il premier Renzi ha detto una cosa giusta: ci sono tanti gufi che aleggiano attorno a Palazzo Chigi. Sembra quasi che ci sia una volontà diffusa ad affondare il governo e forse l’Italia intera. Persino il governatore di Bankitalia, Ignazio Visco, personaggio di solito estremamente moderato, non si è sottratto a questo clima di veleni diffusi anche se, all’indomani, ha corretto il tiro dando la colpa, come sempre succede in questi casi, alla stampa che ha male interpretato il suo pensiero. Venerdì, in effetti, l’inquilino di Via Nazionale, riprendendo la tesi dei “lacci e lacciuoli” che avviluppano il Belpaese, secondo il famoso slogan lanciato da un suo predecessore, Guido Carli, ha tuonato contro le rigidità legislative, burocratiche, corporative, imprenditoriali e sindacali che sono sempre «la remora principale allo sviluppo». In questo modo, Visco ha fatto di ogni erba un fascio, senza distinguere tra i diversi fattori di frenata e mettendo sullo stesso piano le responsabilità di Cgil, Cisl e Uil e degli industriali.

LA REPLICA è arrivata subito dai sindacati che, spesso e volentieri, hanno, forse, più colpe di altri perché, possono rappresentareo una zavorra alla crescita per le troppo spinte corporative. In silenzio (o quasi) sono stati, invece, gli industriali anche per un dovere di ospitalità: proprio ieri, il governatore era, infatti, presente alla grande convention di Bari della Confindustria. Non conosco i motivi per cui Palazzo Koch abbia tirato in ballo pure la classe imprenditoriale, ma trovo un po’ paradossale il fatto che le principali vittime della palude burocratica che ha intaccato il Paese siano, invece, considerate responsabili dell’enorme palla al piede che ci sta affondando. Mi sembra che sovente i protagonisti della politica e dell’economia (sempre male interpretati?) parlino a ruota libera: tante parole al vento, ardue sentenze che lasciano il tempo che trovano per la semplice ragione che, poi, non si fa nulla di veramente concreto per evitare che il piroscafo tricolore affondi ancora di più.
È il caso di Visco che, evidentemente, non si è ricordato come Carli sia stato anche presidente della Confindustria e, quando accennava ai “lacci e lacciuoli” si riferiva proprio ai tanti condizionamenti che bloccano la crescita delle imprese in Italia: vittime e non certo rsponsabili della situazione di stallo in cui versiamo. Giovedì scorso, al dibattito a due voci – moderato dal sottoscritto e organizzato dal “Giorno” e dal Corpo consolare di Milano -, tra il presidente dell’Abi, Antonio Patuelli, e il “numero uno” di Viale dell’Astronomia, Giorgio Squinzi, “mister Mapei” ha sottolineato il peso di una burocrazia che continua a togliere ossigeno alle aziende. E ha ricordato che ha impiegato ben otto anni per ottenere le licenze e i permessi necessari alla costruzione di uno stabilimento a Mediglia, nel Milanese. Nello stesso arco di tempo, Squinzi è riuscito, invece, a fare decollare dodici impianti in giro per il mondo. Sono questi i veri “lacci e lacciuoli” di Carli.
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