MANCANO trecento giorni (306, per l’esattezza) all’Expo, ma ad essere sinceri, eravamo molto più ottimisti quando il “count-down”, a meno 500, era appena cominciato. Torniamo a metà dicembre del 2013, quando il “Giorno” organizzò un incontro in Regione con i vari addetti ai lavori. I “big” sprigionavano fiducia e ottimismo dopo aver superato i contrasti, le lotte intestine e le dimissioni a raffica di qualche anno fa: si sperava di lavorare al meglio per ospitare 20 milioni di visitatori da tutto il mondo e, soprattutto per Milano e la Lombardia, sarebbe stata un’occasione irripetibile. Poi sono venuti gli scandali a raffica, le tangenti, gli arresti, i ritardi nei lavori, la necessità di controllare qualsiasi pratica con il supersceriffo Cantone. Improvvisamente quella che è, davvero, una grande “chance” per l’Italia intera si sta trasformando in una misera figura che squalifica il Belpaese. Siamo così sicuri che siano trecento giorni all’alba? È proprio un momento no: non riusciamo a liberarci da una specie di crudele predestinazione fatta di approssimazione e di furbizia mista a rassegnazione.

NON NE AZZECCHIAMO UNA: persino dai mondiali di calcio siamo stati estromessi, complice la Costa Rica. Certe volte, mi chiedo cosa pensano gli stranieri di noi: è grottesco dare la caccia agli immigrati, considerandoli cittadini di serie B, quando anche noi italiani siamo stati retrocessi da tempo dagli ex-cugini francesi, tedeschi o svizzeri. Ecco perche l’Expo, al di là del giro d’affari e di tutto l’indotto, è l’unico mezzo a disposizione per riconquistare un posto al sole. Negli ultimi mesi, sono stati commessi molti errori, mazzette a parte, e qualcuno avrebbe dovuto trarne le conseguenze, dimettendosi. La responsabilità oggettiva non riguarda solo i direttori di giornali, ma anche i commissari straordinari.

MA ADESSO non è più possibile tornare indietro. Andiamo avanti, con gli uomini che abbiamo, cercando di recuperare il tempo perduto, in modo da riuscire ancora a dare un’immagine di serietà e di concretezza agli stranieri che ci guardano con il fucile puntato. Nei giorni scorsi, sono andato a visitare i lavori dell’Expo. Più che deluso, sono rimasto agghiacciato: c’è ancora tantissimo da costruire, molti padiglioni sono soltanto in fase progettuale e non ho registrato quello slancio e quell’impegno necessari per arrivare in orario all’appuntamento del 1° maggio 2015. Anche se ci si impegnerà H24, giorno e notte, non sarà certo facile essere puntuali al D-day con appena trecento giorni di moratoria. Non è l’ora dei processi sommari: ci pensa già il bravo Cantone a cercare, con i suoi controlli, di rimettere in piedi una macchina così traballante e con tante zone d’ombra. Chi ha sbagliato, pagherà eventualmente dopo, in sede di bilancio dell’Expo, ma, intanto, rimbocchiamoci tutti le maniche: possiamo ancora farcela, nonostante tutto.
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