CONOSCO da anni il direttore dell’“Unità”, Luca Landò. Abbiamo lavorato al “Giornale” e alla “Voce” di Montanelli e, in tutto questo tempo, siamo sempre stati in stretto contatto. Ecco perché la notizia che lo storico giornale cessa le pubblicazioni mi ha reso triste. Posso capire lo stato d’animo dell’amico Luca: vedersi chiudere il quotidiano per cui hai tanto lottato e abbandonare i compagni di redazione deve essere particolarmente doloroso.

Ma, al di là del rapporto personale, una voce che si spegne diventa un lutto per tutta l’editoria italiana. Ricordo ancora quando, quasi vent’anni fa, scomparve l’ultimo giornale guidato da Indro e ho ben presente lo smarrimento di tutti noi. La fine dell’“Unità” è anche un nuovo campanello d’allarme per l’intero comparto editoriale che sta soffrendo, tra calo della pubblicità e riduzione delle quote  di mercato, una crisi senza precedenti.

SE CHIUDE un giornale – e non importano le opinioni espresse o l’orientamento politico -, è un colpo mortale anche per la democrazia. Per questo mi auguro che, presto, l’“Unità” possa tornare in edicola: l’importante è che un patrimonio di cultura e  di storia non si dissolva da un giorno all’altro. Noi siamo sempre dell’idea di Hegel che, ai suoi tempi, sosteneva che il giornale è la preghiera laica del mattino. A quella preghiera non dobbiamo mai rinunciare.

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