CERTE VOLTE, mi sembra di essere al centro di una grande bomba ad orologeria che si chiama Italia. Da quanto tempo, ormai, cerchiamo di togliere detonatori che, qua e là, rischiano di scoppiare? Un’immensa polveriera con tantissimi focolai che mettono addosso, sono sincero, un po’ di tremarella. L’ultimo caso riguarda la bomba ad orologeria per antonomasia che è, tanto per cambiare, la giustizia. Se, fino a qualche settimana fa, c’erano, nel mondo politico, i garantisti e i giustizialisti, cioè coloro (la sinistra) che stavano dalla parte della magistratura e quelli  (il centro-destra) che lanciavano fuoco e fiamme contro le toghe, oggi c’è stata una specie di assemblaggio del fronte in funzione anti-giudici. Tutto è precipitato con la vicenda dei due ultimi indagati del Pd nella Regione Emilia-Romagna.

IMPROVVISAMENTE, anche gli ultimi iper-garantisti hanno, infatti, cominciato a vacillare, come dimostra la dichiarazione dell’assessore alla Cultura, Massimo Mezzetti, aderente a Sel e vicino al presidente uscente, che, in sostanza, ha detto: attendiamo dalla magistratura il nome del successore di Errani.  Insomma, molta acqua è passata sotto i ponti della giustizia italiana, dai tempi, quelli sì memorabili, di Mani Pulite, in cui tutti erano schierati a favore del “pool”: allora c’eravamo un po’ illusi che si potesse davvero voltare pagina e che gli incestuosi intrecci malaffare=politica fossero destinati all’asfissia.

PURTROPPO, non ci fu, invece, alcune rivoluzione copernicana, anche se il partito dei giudici continuò, comunque, ad avere una schiacciante maggioranza, nonostante i tentativi di Berlusconi e del centro-destra di capovolgere la situazione. Oggi il quadro, come abbiamo visto, è di nuovo mutato: lo schieramento istituzionale si è allineato attorno alla necessità di portare avanti la riforma della magistratura, mentre si stanno registrando significativi colpi di coda delle toghe, quasi a difendere, secondo i critici ad oltranza, antichi privilegi e posizioni di rendita.

PER PRINCIPIO, diffido dai soliti dietrologi che scoprono sempre motivazioni e fini reconditi per spiegare certi fatti. Ma, al di là delle interpretazioni, è evidente il ricompattamento di destra e sinistra. E, a conferma di ciò, ecco, venerdì scorso, la dichiarazione del premier Matteo Renzi sulla vicenda giudiziaria che sta terremotando l’Eni: “Sono felice di aver scelto Claudio Descalzi ceo di Eni. Potessi, lo rifarei domattina”. Chi vi ricorda?