SONO STATO OSPITE ieri di una riunione conviviale di un club milanese, unico in tutti sensi, che il mitico Peppino Prisco chiamò “Giosué” in memoria del primo presidente, Giosué Ciapparelli. A tavola, si è parlato molto di giornali e del futuro dei quotidiani in Italia. Molti hanno chiesto anche il mio parere sull’argomento ed io ho risposto che, nonostante tutto, resto fiducioso sul futuro della carta stampata che dovrà andare sempre più a braccetto con l’on-line. Spero tanto che, quanto diceva Hegel («i giornali sono la preghiera laica del mattino»), possa valere anche nei prossimi decenni. Molti mi hanno, poi, domandato perché i quotidiani vedono tanto nero, con il pessimismo dilagante, oppure rosso, con l’ampio spazio dato ai fatti di sangue. Se è vero che, spesso e volentieri, i giornalisti hanno precise colpe, a cominciare da una certa superficialità nel trattare i fatti, in questo caso, però, come rappresentante della categoria, mi auto-assolvo per la semplice ragione che i giornali sono l’esatto specchio della vita di ogni giorno e non mi sembra che, in questo momento, ci sia qualcosa che ci possa indurre a fare salti di gioia. E lo stesso discorso vale anche per la cronaca nera che ha, purtroppo, subìto un’impressionante escalation: come minimizzare delitti così impressionanti? Tutti noi vorremmo sognare di più, ma, di questi tempi, non possiamo permetterci neppure quello. Da diversi mesi, proprio per allentare la pesante cappa che ci circonda, pubblichiamo, ogni giorno, una rubrichina che si chiama “La buona notizia”. Anche noi vorremmo tanto che, d’ora in poi, la rubrica riempisse pagine e pagine del “Giorno”. [email protected]