IL MESSAGGIO che è arrivato dal convegno di Brescia, a cent’anni dalla nascita di Guido Carli, è piuttosto chiaro: «L’euro? È il nostro futuro». Certe volte, credo proprio che, in fatto di approssimazione, noi italiani siamo imbattibili. È il caso dell’immagine che si è voluta offrire dell’ex governatore della Banca d’Italia ed ex presidente di Confindustria. Essendo la moneta unica sotto scacco, tutto fa brodo: quale migliore testimonial di un grande monetarista come il padre della famosa frase sui “lacci e lacciuoli” che soffocano l’Italia? La verità è un’altra e me la conferma il migliore allievo di Carli, quel Paolo Savona, già ministro dell’Industria e direttore generale di Confindustria, che proprio sul club monetario è oggi molto critico, come ha ribadito nella prefazione al libro “La vita oltre l’euro”. In effetti, Carli era un europeista convinto, perché riteneva necessario porre qualche vincolo esterno all’Italia, ma era apparso subito critico sulla divisa unica per due motivi, soprattutto: 1) riteneva assolutamente insufficienti i poteri attribuiti alla Bce, la Banca centrale europea, e si era dimostrato scettico sul rapporto di cambio euro-dollaro. Aveva visto giusto. Peccato che oggi, stravolgendo il suo pensiero, facciano diventare Carli un grande paladino della valuta comune, facendola diventare un unicum con la Ue e con i parametri di Maastricht. Ha scritto Savona: «Carli riteneva che l’Italia non fosse preparata ad affrontare le conseguenze di un regime di cambi fissi anche per la presenza del dollaro libero di fluttuare dopo la decisione dell’agosto 1971». Savona ha ragione: è proprio vero che non è tutto oro ciò che luccica. [email protected]