«Siamo pronti a fare qualsiasi cosa sia necessaria per salvare l’euro nell’ambito del nostro mandato». L’impegno preso venerdì da Draghi, presidente della Banca centrale europea, non lascia spazi a dubbi: è in gioco la sopravvivenza della moneta comune e Francoforte non lascerà nulla di intentato per evitare il terremoto valutario. Come? Combattendo la deflazione e cercando di alzare le aspettative sui prezzi il più velocemente possibile. Le parole “sturm und drang” di colui che, un tempo, veniva chiamato Supermario, sono state accolte molto positivamente dai mercati del Vecchio Continente: l’altro giorno, hanno brindato, a cominciare dalla Borsa di Milano capace, venerdì, di un exploit di quasi il 4 per cento. Gli operatori finanziari hanno, insomma, apprezzato la battaglia dell’Eurotower nel tentativo di arginare, una buona volta per tutte, la Grande Crisi. Tra tante notizie drammatiche, ecco, dunque, un brodino caldo che fa, certo, bene a tutti gli europei che continuano a cercare una luce nel buio nero di una recessione arrivata, senza candeline, al sesto anniversario.

Ma, al di là della speranza, la Bce sarà davvero in grado di voltare subito pagina? Ho, purtroppo, molti dubbi in proposito e mi rifaccio a quanto scritto nel Buongiorno dell’altro ieri. Paolo Savona – allievo di Guido Carli, commemorato a Brescia per i cent’anni della nascita (è scomparso nel 1993) – ci ha ricordato che, già con l’accordo di Maastricht, il suo maestro, ex governatore della Banca d’Italia, rispondendo ai tanti malumori sul pesante vincolo esterno addossato all’Italia, disse: «Accetto la corda al collo, ma tengo la mano ben stretta sul collo». QUELLA CORDA si è fatta ancora più stretta con il varo della moneta unica, anche perché le banche centrali dei vari Paesi aderenti all’euroclub hanno parzialmente abdicato alle proprie prerogative senza, però, trasferire l’antico potere a Francoforte. Il presidente Draghi, non certo per colpe sue, ha, quindi, in mano una pistola mezza scarica che, oltre a proclami e presunti diktat, in concreto può manovrare con ben poca autonomia. Non dobbiamo, quindi, illuderci troppo sulle reali possibilità della Bce di evitare un disastro con gli attuali mezzi. Se, qualche anno prima della nascita della moneta europea, Carli considerava ancora l’euro come la gomena a cui legare la barca italiana, già al varo definitivo si sarebbe ricreduto, comprendendo che sarebbe invece diventato, un Titanic monetario. Soprattutto per i Paesi deboli. Prima che sia troppo tardi, il presidente della Bce dovrebbe, quindi, fare la voce ancora più grossa, chiedendo poteri effettivi. Altrimenti, lasci Francoforte e punti magari al Quirinale di Napolitano: da Eurotower al Colle la vista resta, comunque, buona.

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