Manca un mese all’inaugurazione di Expo e, se debbo essere sincero, ero molto più ottimista quando il nostro “count-down” (meno 500 giorni all’evento) era appena cominciato. È vero, succede sempre che più si avvicina la data dell’avvio di un grande avvenimento, più s’accumulano problemi su problemi, ma, stavolta, mi sembra che le incognite (preferisco chiamarle così) siano davvero tante. Tra il Padiglione Italia che stenta a decollare e quello della Regione lombarda che crea qualche pensiero, bisogna ammettere che, come Paese ospitante, non stiamo finora facendo una grandissima figura. Noi italiani siamo bravi a recuperare in “zona Cesarini”, raggiungiamo spesso la meta negli ultimi secondi come l’altra sera, in televisione, ha ricordato il filmato dell’incredibile rimonta di Pietro Mennea nella finale dei 200 alle Olimpiadi di Mosca. Se siamo tanto bravi nello sprint finale perché non potremmo riuscirci pure stavolta? Lo spero moltissimo perché Milano e l’Italia intera hanno puntato diverse “fiches” sul tavolo verde del sito di Rho-Pero.

Sono andato a rivedermi i sondaggi sulla “kermesse” della fine del 2013. In particolare, un’indagine della Demoskopea diceva, già venti mesi fa, che il 54% degli interpellati viveva la manifestazione in modo molto positivo contro un 22% che si dimostrava indifferente e solo un 13% che non aveva alcuna idea sull’Esposizione. Sarebbe un suicidio deludere adesso tante aspettative. Ecco perché, nonostante i ritardi e gli inconvenienti vari (leggi tangenti), sono convinto che alla fine assisteremo a un altro miracolo all’italiana proprio sul “fotofinish” e spero tanto nelle dichiarazioni che, questa mattina, il presidente della giunta lombarda, Roberto Maroni, farà in Regione sullo stato di avanzamento dei lavori. Se Mennea era la “Freccia del Sud” che batteva tutti sul filo di lana, perché non sperare anche nella “Freccia del Nord”?

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