Certe volte, è sbagliato mettere il petto in fuori, ma sul Cnel il “Giorno” era stato profeta e adesso mi viene voglia di scrivere: «L’avevamo detto!». Da oltre due anni, come forse si ricordano i nostri lettori, da queste colonne abbiamo condotto una battaglia su quella che veniva pomposamente chiamata “la terza Camera”. A proposito di sprechi e di spese inutili, il Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro è stato una specie di pozzo di San Patrizio: noi l’abbiamo denunciato con scarsi risultati, almeno all’inizio. Ora, però, arrivano i riscontri e se il governo Renzi ha deciso, l’anno scorso, lo scioglimento del Cnel, la Corte dei Conti ha appena indagato i vertici dell’ente (presidente Marzano compreso) per certe consulenze d’oro affidate a ex-consiglieri, centri studi e sindacalisti, con l’aggravante di avere aggirato l’obbligo di indire, in questi casi, veri e propri bandi pubblici.

Non è mai troppo tardi: chiusi i rubinetti delle prebende ed eliminati persino i rimborsi, assistiamo ad una specie di fuggi-fuggi generale dal Cnel e già undici consiglieri si sono dimessi. Peccato che, quando il “Giorno” lanciava i suoi “j’accuse”, nessuno appoggiasse il nostro giornale: ricevevamo solo piccate lettere di smentita. Oggi i fatti ci stanno dando ragione, anche perché, a fronte di un fiume di denaro, in questi anni il Cnel ha lavorato ben poco sul tema del lavoro e di specifici progetti di legge in materia. Nessuno ci ha dato atto delle nostre denunce, così ci permettiamo di citare Humphrey Bogart che, nello storico film “Deadline”, lancia nell’ultima battuta l’indimenticabile “questa è la stampa, bellezza! E tu non puoi farci niente”.

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