CHE FINE ha fatto il federalismo fiscale? Da tempo, ormai, non se ne parla più e il voto di domenica prossima in sette Regioni finisce per avere un risvolto soprattutto nazionale, nel senso che serve a verificare la tenuta del governo in carica, quasi come le elezioni americane di “mid-term”. Il peso specifico delle amministrazioni locali ha raggiunto, infatti, il livello più basso: siamo arrivati all’assurdo che il presidente uscente della Campania, Stefano Caldoro, in corsa per il mandato-bis, abbia lanciato l’idea di abolire le Regioni con un referendum.

Sarà per la politica romanocentrica di Renzi, sarà perché la Lega di Salvini ha spostato la propria battaglia su altri temi, di decentramento non se ne parla quasi più. Chissà se Carlo Cattaneo, il pioniere del federalismo, si rivolterà nella tomba. E non solo per l’abbandono del suo cavallo di battaglia: il grande maître à penser lombardo non avrebbe neppure condiviso la tanta carne messa al fuoco da questo governo in tema di riforme. Sentite, infatti, cosa scriveva Cattaneo: «Ogni mutazione di leggi, che non sia un vero miglioramento, è un danno perché sospende il rapido corso delle transazioni, diffonde una dubbiezza universale, rende insufficienti tutte le cognizioni pratiche, costringe gli uomini a rifar da capo tutti i loro giudizi e conti». Provare per credere.

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