LA RIDUZIONE della pena comminata ieri a Salvatore Parolisi, il militare condannato per l’uccisione della moglie, Melania Rea, rende ancora più misterioso ed enigmatico questo uomo che avevo visitato in carcere come parlamentare nel settembre del 2011, a Castrogno, vicino a Teramo. Avevo cercato di instaurare con lui una parvenza di dialogo per meglio decifrare il personaggio. Nulla da fare: mi sono trovato di fronte un muro di incomunicabilità in cui il caporalmaggiore di Somma Vesuviana si era trincerato. Mi aveva fissato per quasi un’ora biascicando, di tanto in tanto, solo qualche parola. Se altri detenuti noti per vicende giudiziarie finite sulle prime pagine dei giornali, come Amanda Knox, la giovane americana implicata nel delitto di Meredith ed ora assolta, e come Annamaria Franzoni, la mamma di Cogne, si erano confidate con il sottoscritto, Parolisi mi sembrò, invece, una sfinge. Un personaggio ostico e combattivo come suggeriva quella sua maglietta bianca, con la scritta “Kosovo”. Solo in due occasioni aveva tradito una certa emozione: quando aveva accennato alla figlioletta Vittoria e allorché aveva espresso grande nostalgia per la vita in grigioverde. Allora, e solo allora, i suoi occhi freddi si erano velati di commozione anche se poi, mi confessò che aveva trovato grande conforto nella religione. Adesso apprendo della riduzione della sua pena, ma, soprattutto in questo momento, il mio pensiero va all’immagine sorridente di Melania, sua moglie, che non c’è più. [email protected]