Un giorno il presidente della Confindustria, Giorgio Squinzi, mi confessò che, nel tempo necessario per costruire lo stabilimento Mapei di Mediglia, tra visti, concessioni e altre lungaggini burocratiche, riuscì a inaugurare non so più quanti impianti in giro per il mondo. Oggi il numero uno di Viale dell’Astronomia – che, eccezionalmente ha trasferito la messa cantata dell’assemblea dall’Eur (proprio lì, guarda caso, doveva essere la sede dell’Expo 1942) al sito di Rho-Pero – si è dimostrato meno pessimista.
Di fronte al Gotha imprenditoriale italiano, ha, infatti, lanciato un messaggio di speranza: c’è, finalmente, aria di ripresa in Italia ed anche le condizioni esterne, dal prezzo del petrolio al calo dei tassi, sta favorendo la grande svolta che avvenimenti come la kermesse milanese servono, appunto, a consolidare.
Certo, ci sono ancora tanti nodi da sciogliere, a cominciare dall’Europa, un’Europa che non ci piace, a cui mancano «l’anima e il cuore». E su questo punto, il presidente della Confindustria non ha dubbi: il default greco, anche senza l’uscita dalla moneta unica, non aiuterebbe certo il Vecchio Continente che è diventato l’immagine della bassa crescita. Sono rimasti, però, delusi coloro che s’aspettavano l’ennesimo “j’accuse” contro il governo, anche come risposta al fatto che Renzi ha ieri clamorosamente disertato l’annuale assemblea degli industriali.
FORSE perché ormai alla fine del suo mandato, Squinzi sembra, infatti, meno rigido nei confronti del governo che ha, così, potuto superare gli esami grazie alle ultime misure di politica economica adottate. La Confindustria ha pure cambiato atteggiamento con gli istituti di credito ritenuti, un tempo, il nemico “numero uno” del pianeta-impresa, soprattutto quella piccola e media: è stato, in particolare sottolineato che «la moratoria sui debiti bancari vale da sola una Finanziaria».
“Mister Mapei” si è dato persino alla poesia e ha parlato delle mille sfumature colorate (cioè non più in grigio) della produzione italiana che si sono sparse ovunque nel mondo. La conclusione della relazione apre, quindi, a nuovi scenari molto incoraggianti: «Oggi ci sono segni di risveglio, accenni di crescita, riforme in corso, giovani che vogliono credere nel loro futuro in Italia, imprenditori impegnati a partecipare alla democrazia e allo sviluppo». Dopo tanto pessimismo, un lampo di luce: speriamo bene.
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