In occasione della loro festa nazionale, i greci mangiano una torta buonissima: dentro il dolce tradizionale mettono una monetina di latta e chi la trova viene considerato fortunato tutto l’anno. Oggi i nostri amici di Atene dovrebbero trovare migliaia di queste monetine per sperare in quella dea bendata in “zona Cesarini” capace di scongiurare il default. E, magari, queste monetine potrebbero prendere il posto delle banconote in euro visto che, negli ultimi giorni, risultano introvabili ad Atene e dintorni dopo l’assalto alle banche e ai bancomat.
Al di là delle battute per cercare di sdrammatizzare una situazione di assoluta emergenza, mi chiedo quando cominceranno a essere messi alla sbarra, dopo i politici, anche tutti quegli economisti europei che avevano sottovalutato l’allarme proveniente dal Mar Egeo. Ancora l’anno scorso, Ernesto Preatoni, con cui ho scritto il libro “La vita oltre l’euro”, veniva accusato di disfattismo e anche peggio perché aveva cercato di mettere in guardia sui pericoli legati alla moneta unica e accentuati da una crisi economica che ha allargato la forbice tra Paesi ricchi e Paesi poveri del Vecchio Continente.
Sono quegli stessi signori che, oggi, di fronte agli ultimi sviluppi del caso greco, fanno ricorso a terminologie tipo «stiamo entrando in terra incognita, in mari inesplorati” e altre amenità simili. Ma come? Bastava solo prestare un po’ più di attenzione agli euroscettici come l’imprenditore lombardo che è stato il grande regista del boom turistico del Mar Rosso. Se, questi eurocrati, avessero previsto per tempo le scialuppe di salvataggio, oggi non ci troveremmo come il Titanic dopo aver speronato l’iceberg.
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