E venne il giorno del referendum. Oggi gli occhi di tutto il mondo sono puntati sul Paese culla della nostra civiltà: la Grecia. Ad Atene e dintorni si deciderà, infatti, il futuro del Paese ellenico, ma anche il domani dell’area-euro. Succede sempre che, dopo mesi e mesi di battaglia, voltafaccia e mosse più o meno tattiche, tutto si decida in poche ore, magari in una calda domenica d’estate quando la gente normale preferirebbe trascorrere una tranquilla giornata di relax, al mare, senza pensieri o preoccupazioni. Cosa succederà domani alla riapertura dei mercati? Dopo i clamorosi errori delle ultime settimane, quando gli addetti ai lavori davano già per acquisito l’accordo tra Europa e Grecia, salvo poi ricredersi, oggi pochi azzardano previsioni. Senza sbilanciarsi più di tanto, vediamo, dunque, i possibili scenari che si possono profilare. Ammettiamo che vincano i «sì», con i greci che accettano a sorpresa i termini offerti dagli Stati creditori per restare nell’euro.

In questo caso, la conseguenza sarebbe inevitabile: il governo Tsipras dovrà dimettersi subito, ma i Paesi del club monetario saranno costretti, ancora una volta, a rimboccarsi le maniche per aiutare il popolo greco a uscire dal pantano di un default e di una crisi politica altrettanto devastante.

È, però, più probabile che prevalga il “no”, vista la rabbia, la povertà, la disperazione che albergano nel cuore dei greci, che potrebbero votare con la pancia, perduta ormai ogni prudenza. In questo caso, le incognite potrebbero essere persino maggiori perché l’esecutivo, con l’avallo del voto popolare, cercherà di rinegoziare il debito per potere restare ancora aggrappati all’euro, scatenando la reazione dei Paesi più rigidi. Ci potrebbero essere anche altre due possibilità concrete: il decollo rapido di una nuova moneta nazionale o il ricorso a una valuta parallela da utilizzare accanto alla divisa comune. Qualunque sia, alla fine, la soluzione trovata, Atene e tutte le capitali europee saranno costrette a percorrere strade inesplorate che rischiano di porre molti punti interrogativi sul futuro di tutto il vecchio continente.

Mi chiedo, a questo punto, se non sia saggio, una volta varate le misure d’emergenza per cercare di evitare la strada del non ritorno per la Grecia, gettare le basi per organizzare un grande summit europeo che, con l’imprimatur della Bce di Draghi, sia capace di rifondare quel castello dell’euro che, troppo frettolosamente, era stato innalzato poco più di quindici anni fa. Considerando i precedenti chiari di luna, non mi illudo più di tanto, in questa misera Europa in cui nessuno è senza colpe. Adesso, basta azzardare previsioni e possibili scenari: concentriamoci solo sull’esito del referendum greco e tocchiamo ferro. E anche qualcosa d’altro.

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