TRA POCHI giorni l‘Expo supera il giro di boa e comincia il conto alla rovescia che ci separa dal 31 ottobre, il giorno dell’ammainabandiera. Speravamo che tutte le polemiche dell’infinita telenovela sul reale numero dei visitatori si fossero finalmente placate per cominciare seriamente a riflettere sul “dopo”, su come cioè pianificare la fase successiva dell’Esposizione, in termini di immagine, come rilancio del “made in Milan”, ma anche come utilizzare al meglio quella parte del sito che non verrà smantellata e che, per il momento, sembra un argomento-tabù. Così non è stato perché la storia dei biglietti d’ingresso (non si parla d’altro…) è diventata una specie di faccenda di Stato dove si gioca anche l’onorabilità del commissario unico, Giuseppe Sala, che lo stesso Renzi vorrebbe lanciare nel 2016 come sindaco della Madonnina (e da qui nascerebbe anche la forzatura di tenere l’assemblea del Pd proprio a Rho-Pero). Forse anche per questo motivo, il “numero uno” della grande kermesse, che per settimane aveva sottolineato le “perfomance” già raggiunte, con 7,4 milioni di visitatori da maggio fino a metà luglio, è stato costretto ad ammettere che si trattava di dati ricostruiti.

NEL SENSO, cioè, che erano calcoli affidati alle proiezioni dei responsabili dei vari padiglioni, per il semplice motivo che la lettura garantita dai tornelli agli ingressi dell’area espositiva non è stata sempre precisa, a causa di imprevisti malfunzionamenti. Siamo stati i primi ad eccepire sui dati forniti, anche perché l’abitudine di dare cifre alla carlona o, comunque, gonfiare i numeri, fornendo spesso risultati maccheronici, è diventata una caratteristica degli italiani. Proprio l’altra sera il maestro Riccardo Muti, che è il migliore ambasciatore del Belpaese nel mondo, sottolineava come la nostra immagine sia vertiginosamente scaduta agli occhi degli osservatori stranieri che ci considerano sempre più inattendibili. Non solo: se in passato c’era sempre stata una sorta di bonarietà nei giudizi, pur negativi, nei nostri confronti, oggi siamo guardati con una certa diffidenza ed antipatia. E stiamo facendo di tutto, anche con le presenze gonfiate dei visitatori dell’Expo, per alimentare questa cattiva fama. Adesso, però, non dobbiamo più dare i numeri perché, a dispetto dell’immagine non certo positiva che stiamo fornendo come sistema-Paese (basta rileggere il “New York Times” dell’altro giorno sul degrado di Roma), l’Expo è, comunque, piaciuta. Secondo la società di rilevazioni Gfk, in una scala di valori dall’1 al 10, il grado di soddisfazione di coloro che hanno visitato i padiglioni dell’Esposizione Universale è dell’8,4: se la città di Milano non ha finora beneficiato di quella moltitudine di turisti che le previsioni, troppo ottimistiche, accreditavano, l’Expo è stata ugualmente al centro del pianeta in questa calda estate del 2015. I momenti emozionanti non sono mancati e le visite di personaggi come Putin, Hollande, Michelle Obama e la regina di Spagna, Letizia Ortiz Rocasolano, hanno dato lustro alla manifestazione. Senza contare che la Carta di Milano sulla fame nel mondo, vera eredità morale della rassegna, sta, con un gioco di parole, acquisendo peso grazie al sostegno di tanti personaggi autorevoli a livello internazionale. Mi auguro, quindi, che nel secondo tempo dell’Expo si possa fare il bis dell’Esposizione Internazionale di Milano del 1906 che aprì il secolo breve, spalancando le porte alla scienza e al progresso. Buon finale per tutti.