«L’AUTORE di questo libro è scomparso senza lasciare traccia di sé; del suo romanzo restano soltanto le illustrazioni ch’egli disegnò accompagnandole con brevi didascalie. Il lettore, tuttavia, potrà ricostruire a modo proprio la trama del romanzo ch’è una specie di autobiografia di un piccolo borghese dei nostri tempi che riassume un po’ la storia privata di molti italiani. Quel che manca fra un’illustrazione e l’altra, cioè il testo, ogni lettore la inventerà da sé, seguendo i propri ricordi personali e le proprie illusioni».

Chi ha scritto questa introduzione a una delle sue tante opere, “La vita” , è stato il piccolo-grande Leo Longanesi, nato in Romagna, a Bagnacavallo, proprio 110 anni fa, giornalista ed inventore di giornali, maestro di Montanelli e di tanti altri. Mi chiedo cosa potrebbero scrivere, oggi, i lettori in quelle pagine con tutta la confusione e le disillusioni che affollano le nostre vite.

C’è il rischio che il libro di Leo, tra un disegno e l’altro, resti assolutamente bianco perché nessuno, almeno sulla carta, ha tanta voglia di sognare ed immaginare con questi chiari di luna. Purtroppo (o per fortuna?) Longanesi è morto improvvisamente a soli 52 anni: non ha, quindi potuto vedere i tanti rivolgimenti, a cominciare dall’Islam, dell’ultimo mezzo secolo. Come epitaffio, il fondatore di “Omnibus” fece scrivere sulla sua tomba: «Torno subito». Conoscendo il suo spirito sono abbastanza sicuro che oggi avrebbe suggerito un’altra epigrafe: «Meglio stare alla larga».
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