POTREBBE sembrare un paradosso, ma il governo Renzi si rafforza con un manager che è esterno al Pd. Il caso delle primarie del centro-sinistra a Milano, dove Giuseppe Sala ha vinto ma senza schiacciare gli avversari, i duri e puri, come molti avevano profetizzato, è la conferma che stiamo diventando sempre più il Paese delle contraddizioni. Onore al merito, comunque, a mister Expo che ha costruito l’ascesa a Palazzo Marino a dispetto di tutto e di tutti. Anche se a lungo ha continuato a smentire, nell’anno da poco archiviato, la possibilità di candidarsi a sindaco, Sala ha cominciato a pianificare la sua entrata in campo dal momento in cui è stato sicuro di portare in dote ai milanesi il successo della grande kermesse. E l’ha capito già nel giugno scorso, quando il “New York Times” incoronò la metropoli lombarda meta turistica “numero uno” del 2015 a livello mondiale. Un’operazione costruita, dunque, a tavolino: anche la scelta di ospitare tra i padiglioni la copia della Madonnina è servita a rafforzare l’immagine del commissario straordinario.

È VERO, l’investitura del manager non si è rivelata una passeggiata: ha dovuto destreggiarsi in slalom tra insidie giudiziarie, dure critiche di alcuni giornali e una freddezza di carattere che non lo rendono particolarmente comunicativo, ma è andato avanti sicuro del sostegno di Matteo e dei suoi fedelissimi (Boschi in primis). Ora Sala ha messo una ipoteca alla fascia tricolore, ma la strada non è ancora in discesa. Anche perché se è vero che ha vinto l’uomo di Renzi, non si può dire che sia stato pure un successo per il governo. Basti pensare che, rispetto a cinque anni fa, l’affluenza alle primarie è calata di oltre il dieci per cento a dispetto dei simpatizzanti cinesi che hanno tranquillamente votato come se fossero in piazza Tienanmen. Chi, a questo punto, può legittimamente recriminare è Francesca Balzani che ha più di un motivo per prendersela con Pierfrancesco Majorino: se l’assessore si fosse ritirato, a vincere sarebbe stata lei anziché Sala. Molti pensavano, poi, che l’esito delle primarie si sarebbe tramutato in una bruciante sconfitta per il sindaco uscente Giuliano Pisapia: così non è stato anche se è passato mister Expo. A questo punto, considerando la disaffezione dei milanesi alla politica, confermata dalle primarie del Pd, Berlusconi e Salvini (non è un caso che abbiano rinviato ad oggi l’incontro decisivo) dovranno scegliere un uomo esterno ai partiti come avversario di Sala. Il nome di un altro manager, Stefano Parisi, appare il più probabile da contrapporre all’ex commissario straordinario: due tecnici in lizza per il futuro di una città che non può certo adagiarsi sul successo di un’Esposizione Universale. Palazzo Marino non è l’Expo.
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