È PROPRIO il caso di dire che la lingua batte dove il dente duole: la sanità lombarda, già provata dal caso del vicepresidente della Regione, Mario Mantovani, adesso scivola di nuovo con l’arresto di 16 persone, tra le quali il consigliere leghista Fabio Rizzi, presidente della Commissione regionale Sanità e Politiche sociali, di Mario Longo, appartenente al suo staff con incarichi pubblici nell’ambito dell’odontoiatria, e dell’imprenditrice Maria Paola Canegrati, che avrebbe versato mazzette tra uno studio dentistico e l’altro. Inoltre, altre cinque persone sono indagate con obbligo di dimora. È assurdo che il capogruppo regionale del Carroccio, Massimiliano Romeo, inviti a non gettare fango sulla Lombardia perché, afferma, resta al top nel settore: usare il paraocchi non serve a nessuno.

MOLTO più realistiche le reazioni del segretario leghista Matteo Salvini (chi sbaglia paghi) e del governatore Roberto Maroni, che ha deciso di varare subito una commissione ispettiva del Pirellone per esaminare la corretta applicazione delle procedure, ospedale per ospedale, gara per gara. Qui non si tratta di gettare fango su nessuno, qui si deve solo prendere atto di una situazione fuori controllo. È vero che il trasferimento della sanità alle Regioni nel 2001 si è rivelato un clamoroso boomerang. L’altra sera è stato dato in tv un dato clamoroso: in Campania, e non solo nella terra dei fuochi, e in Calabria, la vita media degli abitanti si è abbassata di quattro anni a causa della malasanità. Cifre impressionanti che gettano l’Italia in una realtà quasi africana. Se alla minore efficienza aggiungiamo anche la corruzione, ecco che il quadro generale diventa drammatico. Abbiamo pensato per qualche tempo che l’onda dell’Expo avrebbe consentito a Milano e alla Lombardia di tornare ad essere la locomotiva ma anche il faro morale d’Italia. Ci eravamo sbagliati. Se è vero che la sanità è la più grande industria italiana, gli interessi in gioco stanno sempre più diventando una vera cancrena. [email protected]