DIVISI alla meta: ecco cosa è cambiato nel centrodestra in soli quattro mesi, dal grande “rassemblement” di Bologna ai giorni di passione di oggi. Se davanti al sagrato di San Petronio Berlusconi e Salvini si erano fatti immortalare fianco a fianco in compagnia della Meloni non ancora in dolce attesa, adesso si guardano in cagnesco. Bertolaso, candidato sindaco berlusconiano al Campidoglio, non è stato, come potrebbe sembrare, la miccia che ha fatto esplodere la bomba: la ragione è un’altra, il fatto che Silvio, alla soglia degli ottanta anni, abbia deciso di accelerare i tempi della successione e non solo politica. Se a novembre il Matteo del Carroccio sembrava l’erede naturale, oggi non è più così e il segretario leghista ne ha tratto le conseguenze. Come ha detto ieri, Matteo II non ha alcuna intenzione di rottamare l’ex Cavaliere (“La rottamazione la lascio a Renzi”), ma è evidente che diventa inutile flirtare con il capo di Forza Italia che ha altri papabili in testa come leader del centrodestra.

CHI DICE Marchini, chi Bertolaso stesso – anche se il presidente farebbe bene a tenersi stretti Toti e Gelmini – comunque, alla fine, il delfino sarà un altro. Tanto vale differenziarsi subito dai forzisti. In che modo? Cercando nuovamente di insistere su temi di destra, magari d’intesa con la Le Pen di turno. Non è un caso che Salvini si sia battuto sulla candidatura della Meloni a Roma, né che Berlusconi si stia riavvicinando ad Angelino Alfano che un tempo era considerato il vero erede dell’uomo di Arcore e che, magari, sarà perdonato sulla via di Damasco. Intendiamoci, il raffreddamento tra Matteo e Silvio non è avvenuto da un giorno all’altro. Basta rivedere le immagini di San Siro durante l’ultimo “derby” della Madonnina. I due erano seduti uno accanto all’altro, eppure non si sono mai parlati: tifavano entrambi Milan, e il più sfegatato era Salvini, ma sembravano appartenenti a squadre diverse. Non so se, allora, i giochi erano fatti, ma la mancanza di “feeling” era evidente. C’è da chiedersi se per il segretario della Lega, questo strappo sia vantaggioso, considerando che, anche all’interno del Carroccio, da Maroni allo stesso Bossi, molti non sembrano condividere questa “fase due”.

NEL BREVE TERMINE, l’accentuazione populista potrebbe anche rivelarsi un “boomerang”, ma, nel momento in cui ha compreso che, con forti probabilità, non sarà lui l’erede designato di Berlusconi per l’intero schieramento, Salvini non poteva certo far finta di nulla e ha finito per tornare a giocare, da solo, sulla fascia destra. Fortunatamente la separazione dei pani e dei pesci non è avvenuta nella metropoli lombarda, dove Stefano Parisi, il grande avversario di Sala a Palazzo Marino, ha compiuto anche lui un miracolo: se Beppe ha portato a casa il successo dell’Expo, Stefano è riuscito a tenere uniti Salvini e Berlusconi, aggiungendo pure le truppe di Maurizio Lupi. A Milano la posta in palio è troppo alta per sacrificarla nelle manovre in corso nel centrodestra. Parisi, che ha, finora, confermato di essere un tecnico al di sopra dei partiti, è stato molto bravo a salvare la santa alleanza tra moderati e populisti. Come ha ricordato il numero uno del Carroccio, Milano è sopra a tutto e sopra a tutti e, quindi, tornerà a sentire Silvio per questo caso specifico. L’ex braccio destro della Moratti dovrà, però, fare un secondo miracolo: convincere Corrado Passera, che può essere il vero king maker tra i due principali sfidanti, a schierarsi dalla sua parte. Se ci riuscirà, la Madonnina potrà diventare un laboratorio della politica in grado di sovvertire gli equilibri nazionali. A dispetto delle guerre di successione. [email protected]