“CHE STRANO, non è cambiato niente”, dice Christiane. «Perché, doveva cambiare qualcosa?”, le risponde suo figlio Alex. È il dialogo tra i due protagonisti del film ‘Good Bye, Lenin!’, che racconta di una donna della Ddr, fervente comunista, che entra in coma per un incidente e ne esce dopo otto mesi. Nel frattempo finisce il comunismo e crolla il Muro e il figlio, per metterla al riparo da emozioni che potrebbero risultarle fatali, le organizza attorno una realtà fittizia, una messinscena, come se il Muro ci fosse ancora.  Questa situazione è esattamente il contrario di quel che è accaduto a Domenico Quirico, il giornalista rapito dai ribelli siriani e tenuto in ostaggio per cinque mesi. Una delle emozioni più forti che ha provato dopo la liberazione è stata quando è entrato a Palazzo Chigi e si è trovato davanti il premier Letta e il vicepremier Alfano.

E SICCOME non l’avevano avvertito che non c’è più il governo Monti, Quirico non ci voleva credere che il Pd e il Pdl potessero stare insieme. Credeva che il muro ci fosse ancora e scoprire che invece era stato abbattuto è stato un colpo. Ma di questo Quirico non si è rammaricato, anzi la scoperta della novità gli ha offerto l’occasione per osservare che questo è il bello della politica che è tale proprio quando riesce a rendere possibile anche quello che sembra impossibile. Purtroppo, è la nota di rammarico, tutto lascia temere che la felice meraviglia dell’ex prigioniero sia destinata ad avere una breve durata, perché soprattutto in queste ore appare probabile che Alfano stia per tornare a fare l’Alfano come lo aveva conosciuto lui prima di essere rapito e così Letta sia destinato a essere respinto al punto di partenza. E’ questo il timore, il timore che tutto torni come cinque mesi fa, quando c’era un governo cosiddetto di tecnici che non era più capace di governare. In questi mesi Quirico era stato tenuto all’oscuro di tutto e non poteva immaginare che nel frattempo ne era stato formato uno normale e che proprio grazie al fatto che era normale in Italia lo chiamavano uno strano governo perché i partiti avevano avuto la singolare e irragionevole idea di allearsi anziché continuare a farsi un’inconcludente guerra tra loro. Ma così è andata sebbene l’esperienza pare condannata ad estinguersi. Offrendo così al giornalista liberato gli elementi per constatare che la sua prigionia è stata di poco più lunga di quella altrettanto penosa che tiene imbrigliato un governo fatto di uomini validi e volenterosi ma ostaggi di partiti che la politica più che farla sanno sequestrarla.