È MORTO a 86 anni nella notte tra sabato e domenica a Berlino, proprio nella capitale della Germania riunificata, Guenter Schabowski, ex funzionario della Ddr (la Germania Est comunista) che il 9 novembre 1989 diede inconsapevolmente il via al crollo del Muro di Berlino. Durante una conferenza stampa in cui presentava la nuova legge del regime sugli spostamenti dei tedesco-orientali, infatti Schabowski rispose all’allora corrispondente dell’Ansa, Riccardo Ehrman, che gli chiedeva quando sarebbero state eliminate le restrizioni. Lui, integerrimo portavoce del regime di Honecker, rispose colto di sorpresa: «A quanto capisco, con effetto immediato… da subito». E quel giorno stesso una marea umana si riversò alle frontiere. Cominciava a crollare la barriera, la ‘cortina di ferro’ durata 28 anni.

IN GENERE si passa alla storia per essere stati autori di qualche impresa. Probabilmente non era mai successo prima di allora di finire sui libri di storia solo per aver fatto una domanda e solo per aver dato una risposta. Con la differenza tra i due casi che la domanda era stata ben posta mentre la risposta fu raffazzonata e balbettante. Nonostante ciò pronunciando quelle poche parole Guenter Schabowski, cognome polacco ma nazionalità tedesca dell’est, diventò uno degli uomini più importanti del secolo. Erano giorni di grande agitazione, anche allora le strade erano attraversate da fiumi di uomini e donne alla ricerca della libertà e che scappavano dalla dittatura. Allora si chiamava «del proletariato».

C’ERA insomma un gran fermento tra la Germania dell’est e quella occidentale con la coda delle Zhigulì, le vetture dell’Europa dell’est, ai posti di frontiera. E quel pomeriggio a Berlino si tenne una conferenza stampa del portavoce del governo Guenter Schabowski che fece il punto della situazione. Fu così che Riccardo Ehrman, corrispondente dell’Ansa, l’agenzia di stampa italiana, chiese quando sarebbero entrate in vigore le nuove regole che abolivano le restrizioni per coloro che intendevano andare a Ovest.

Guenter, nonostante avesse l’aria tipica del tedesco sicuro di sé, biondo, ben piazzato, si trovò in difficoltà nel rispondere perché tutto era avvenuto in modo tumultuoso e anche quella comunicazione l’aveva data un minuto prima senza esserne a conoscenza tant’è che l’aveva letta per la prima volta su un foglietto. Cercò di uscire dal’imbarazzo sbirciando sullo stesso foglietto ma senza trovarne vantaggi.

Allora prese l’iniziativa e disse: «A quanto capisco il nuovo regime ha effetto immediato. Da ora stessa». Gli storici non ci hanno mai detto se il presidente della Ddr e del partito, Egon Krenz, stesse seguendo la conferenza stampa, in ogni caso come lui stesso successivamente ebbe a precisare, se l’avesse seguita, in quello stesso momento deve avere gridato: «Non oraaaa! Da domaniii!». Il partito si era arreso ai fatti ma voleva continuare ad avere il controllo della situazione.

Ma come sempre succede dei momenti cruciali della storia sono i fatti e non i governi a guidare il corso degli eventi. Accadde anche in quel fine giornata del 9 novembre 1989. Bastarono quelle sei o sette parole di quel comunista convinto ma un po’ pasticcione, con cognome polacco e nazionalità tedesca, a fare cadere la grande infamia del dopoguerra: il Muro di Berlino. I tedeschi orientali a migliaia si riversarono subito nelle strade intasate di traffico di quelli che già tentavano di venire all’ovest.

LA PRESSIONE contro i posti di guardia, che per 28 anni, erano stati teatri di tragedie e di disperazione fu inarrestabile. Vennero travolti dalla folla e la prima breccia, il primo pezzo di muro cadde a Bornholmer strasse, a poche ore dalle parole pronunciate da Schabowski, che ieri è morto all’età di 86 anni, da ordinario pensionato che aveva concluso con l’infamia di essere stato un traditore la sua carriera politica che per poco non l’aveva portato a succedere all’ex segretario del partito Honecker. Quello a cui Gorbaciov aveva detto gelandolo: «Chi arriva tardi viene punito dalla storia». Anche Gorbaciov sarebbe arrivato tardi, invece Schabowski quel giorno fu puntualissimo.

di Giovanni Morandi