Figure oscure. Ma onnipresenti e indispensabili. Vite vissute dietro le quinte, sanno che alla fine parlano soltanto i risultati. Levatrici di atleti. Allevatori di campioni. Spesso anche amici, confidenti, consiglieri, tanto è simbiotico il rapporto instaurato con il poulain. E fatica, tanta fatica, ancora fatica, quella che omologa i momenti del trionfo a quelli dello scoramento, equipara i vincitori agli sconfitti. Non tutti conoscono il nome, non tutti hanno familiarità con il baffo di Luciano Gigliotti, sfollato da Aurisina, sul Carso triestino, a Modena e modenese di adozione, cuore e sangue. La storia di Luciano Gigliotti è raccontata da lui stesso e da Claudio Rinaldi, giornalista e scrittore, in “Mi chiamavano Professor Fatica. Vita, segreti e tabelle del più grande allenatore di maratoneti” (Ediciclo editore, pagg.226, euro 16). Grande vita sportiva, ma anche straordinaria avventura umana.
Un ragazzo che le foibe hanno reso orfano  di padre, profugo con la famiglia nella rossa Modena, dove è proibito parlare delle stragi titine. La mamma che s’inventa pasticcera e mette nel logo del negozio il campanile di San Giusto di Trieste. Luciano ha scarsa empatia con i libri di scuola, preferisce le partite con le palle fatte di stracci, in mezzo alle macerie lasciate dalla guerra. Viene bocciato in prima media e finisce semiconvittore al Sacro Cuore, dove incontra il professor Ferdinando Ponzoni, che nel libro definisce “il mio Virgilio nel mondo dell’atletica e dello sport”. In collegio fa la conoscenza con un altro ragazzo, gioca a calcio in porta, fa atletica e pallavolo, non ha ancora scoperto di avere un grande destino nascosto nelle corde vocali. Si chiama Luciano Pavarotti. Gioventù fra scuola e rugby, l’Isef, l’atletica come una scoperta che è insieme rivelazione e folgorazione. Allenatore per vocazione. Quelli che definisce “i miei capolavori”, i principi della maratona: Gelindo Bordin, oro a Seul nel 1988, e Stefano Baldini, olimpionico ad Atene nel 2004. Ma anche Maria Guida, oro nella maratona agli Europei di Monaco di Baviera 2002, e Alessandro Lambruschini (che di Gigliotti è anche il genero), bronzo olimpico ad Atlanta 1996, Carlo Grippo, finalista negli 800 metri a Montreal 1976, Vittorio Fontanella, quinto nei 1500 metri a Mosca 1980. Il “Prof”, come tutti lo chiamano, non smette di scendere in pista. A ottant’anni la storia del Professor Fatica non è finita. Anzi. E’ una splendida incompiuta e lo rimarrà. Perché il traguardo più importante è sempre il prossimo.