Il complotto che non convince
NON SAPPIAMO se la storia del complotto ai danni del papa sia vera. Il documento incriminato, trasmesso al segretario particolare di Joseph Ratzinger dal cardinale Dario Castrillòn Hoyos, è anonimo. Nessuno ha voluto metterci la faccia. In più, se si legge con attenzione il testo, il personaggio chiave della vicenda, l'arcivescovo di Palermo Paolo Romeo, non avrebbe mai fatto cenno ad una cospirazione contro Benedetto XVI. Il prelato si sarebbe limitato ad una confidenza, durante un suo recente viaggio in Cina, sulla morte entro l'anno del pontefice. Sarebbero stati i suoi interlocutori dagli occhi a mandorla ad andare oltre. Ipotizzando, stupiti dalla <fermezza e sicurezza> dell'arcivescovo siciliano, una congiura.
Ma a viziare la veridicità della storia è soprattutto il profilo del 'postino' di Sua Santità. Perché il cardinale Hoyos, colombiano, classe 1929, non è immune da passi falsi. Tutt'altro. Il primo risale al 2001. Allora, come prefetto per la congregazione del clero, firmò una lettera choc, indirizzata al vescovo francese Pierre Pican che, pur di non denunciare un prete pedofilo, si fece tre mesi di carcere: <Lei ha agito bene e mi felicito di avere un confratello nell'episcopato che, agli occhi della storia e di tutti gli altri vescovi del mondo, avrà preferito la prigione piuttosto che denunciare il suo figlio-prete>. Il caso volle che nel 2010 la missiva di Hoyos divenne di dominio pubblico, con conseguente imbarazzo in Santa Sede e tinte fosche sulla reputazione del cardinale.
Non è finita. Come è noto, tre anni fa il papa revocò la scomunica ai quattro vescovi lefebvriani. Tra di loro figurava anche il pastore inglese, Richard Williamson. Proprio di lui i cronisti scovarono sul web un'intervista, rilasciata prima dell'atto di clemenza, nella quale il vescovo minimizzava la shoah e negava l'esistenza delle camere a gas. Immediatamente su Ratzinger si levò un polverone mediatico planetario: come aveva potuto riabilitare un negazionista indefesso? Il papa si difese, spiegando che non sapeva nulla delle dichiarazioni di Williamson. Colpa della Curia romana che avrebbe dovuto setacciare meglio internet. Morale, l'unica testa a cadere fu quella di Hoyos, in quel periodo presidente di Ecclesia dei, la commissione vaticana competente per il ritorno all'unità dei tradizionalisti. La revoca, invece, della scomunica a Williamson non venne messa in discussione.
Ricordi dal passato. Tornando al complotto, vero o falso che sia, resta il documento finito nelle mani della stampa italiana. Un fatto senza dubbio imbarazzante che mette a nudo le smagliature nel sistema informativo della Santa Sede. Solo qualche giorno fa è stata pubblicata su tutti i giornali la lettera riservata, inviata al papa dell'ex segretario del Governatorato della Città del Vaticano, Carlo Maria Viganò, con accuse gravissime di corruzione e furti nello stato pontificio. Ieri la storia del complotto. Ma possibile che la sala stampa vaticana non riesca più ad arginare la copiosa fuga di notizie su complotti, correnti, faide e malaffari nelle sacre stanze? Incredibile. Specie ora che si susseguono voci, sempre più frenetiche, sul peggioramento delle condizioni di salute di Ratzinger. E sui futuri scenari nel palazzo apostolico.
Secondo l'appunto consegnato da Hoyos, il nuovo papa sarà italiano. Il cardinale Angelo Scola è il favorito. Non a caso Benedetto XVI, abbandonato il suo delfino, il primate di Austria Christoph Schonborn, ha scelto proprio come erede l'arcivescovo di Milano. Peccato che il segretario di Stato, Tarcisio Bertone, si metta di traverso. Non sarà facile per Scola conquistare i due terzi dei consensi in conclave. Ratzinger non ci sarà. E, quando il gatto manca, i topi ballano.
Giovanni Panettiere