Pacem in terris

Il concistoro incorona Dolan

(Il neo cardinale Timoty Dolan)

CHI LO CONOSCE bene racconta che ha il sorriso facile. Anche troppo. Due anni fa, in occasione della nomina ad arcivescovo di New York, un prete gli disse: <Faresti meglio a smetterla di sorridere, quando giri per le strade di Manhattan, o finirai per farti arrestare!>. Ma lui, il neo cardinale statunitense, Timoty Dolan, 62 anni, continua a fare orecchie da mercante. Preferisce restare se stesso: sicuro in dottrina, bonario nei modi. Pacioccone e dalla statura imponente, non disdegna qualche birra con i fedeli, fuma il sigaro, ama il cinema e sa muoversi tra i taccuini dei giornalisti. Sempre con la battuta pronta. Come in occasione della sua nomina a cardinale: <Me l'hanno appena comunicato. Spero mi diano un bel vestito e soprattutto della cancelleria nuova>.

Quello di Dolan non è certo il cliché del porporato medio, per giunta fedele all'ortodossia. L'arcivescovo è lontano sia dall'immagine inflessibile di Giuseppe Siri che dall'astuta diplomazia alla Camillo Ruini. Non a caso per lui gli addetti ai lavori hanno coniato un'espressione su misura: 'conservatore creativo', forse la chiave di lettura più corretta per inquadrare un pastore dinamico, anti-abortista, ma non per questo contrario all'Eucarestia per i cattolici pro-choice.

Qualche giorno fa il papa - non senza qualche sorpresa - ha voluto affidare a Dolan la relazione introduttiva su missio ad gentes ed evangelizzazione nella riunione cardinalizia prima del concistoro. Ne è venuto fuori un intervento appassionato, condito di ricordi personali, e soprattutto divertente. A partire dalle scuse per il suo italiano incerto: <Grazie a voi, santo padre e confratelli, per aver sopportato il mio italiano primordiale. Quando il cardinal Tarcisio Bertone mi ha chiesto di parlare in italiano, mi sono preoccupato, perché io parlo l'italiano come un bambino>. Nella sua relazione Dolan ha spronato la Chiesa ad annunciare il Vangelo in maniera semplice e diretta, senza fughe cerebrali degne dei teologi. Ma soprattutto con gioia: <La nuova evangelizzazione si compie con il sorriso, non con il volto accigliato. La Chiesa è fondamentalmente un sì, non un no!>. A Roma come a New York, la capitale della secolarizzazione. Almeno secondo il segretario di Stato, Tarcisio Bertone. La Grande Mela - ha corretto il tiro Dolan -, in verità <è una città molto religiosa. Anche in luoghi solitamente classificati come materialistici, tipo i mass media, il mondo dello spettacolo, della finanza, della politica, dell'arte, della letteratura, si avverte un'innegabile apertura alla trascendenza, al divino>. Persino il cinema <nel film The Way, con l'attore Martin Sheen, in questi giorni nelle sale, è illuminante sul punto>, ha aggiunto con il piglio del cinefilo.

Non appena Dolan ha chiuso il suo intervento è stato ripagato con un caloroso applauso dei 133 cardinali presenti. Non solo. Addirittura Benedetto XVI ha definito la sua relazione <entusiasmante, divertente, gioiosa>. Un trionfo da raccontare Oltre Oceano. Fino a ieri il porporato era solo il presidente dei vescovi americani, impegnato nel braccio di ferro con Barack Obama sulla riforma sanitaria, oggi si candida a pieno titolo ad un ruolo di primo piano nel prossimo conclave. Il suo nome si sta facendo largo tra i papabili come l'arcivescovo di Milano, Angelo Scola, il prefetto della congregazione delle Chiese orientali, l'argentino Luigi Sandri o l'allievo di Hans Urs von Balthasar, Marc Quellet. Chissà forse Dolan non arriverà mai al soglio pontificio, ma di certo, dopo il suo show romano, ha rafforzato il blocco a stelle e strisce in conclave (15 elettori su 225). Nel momento decisivo gli americani avranno un loro peso e un loro leader. Simpatico e con il sorriso sulle labbra.

                                                                                                        Giovanni Panettiere

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