Pacem in terris

La rabbia di padre Boschi: sui funerali di Dalla la vendetta dei gay

(Padre Bernardo Boschi ai funerali di Lucio Dalla)

 

Giovanni Panettiere

BOLOGNA*

IN QUESTI minuti le agenzie stanno battendo dichiarazioni al vetriolo: «La
polemica per la presenza di Marco Alemanno sull’altare è una vendetta dei
gay che volevano fare di Lucio Dalla una bandiera. Quelli che criticano la
Chiesa sono degli sciacalli, delle iene. Sputano sentenze su ciò che è più
grande di loro». La rabbia di padre Bernardo Boschi è incontenibile. Poi, al
telefono, il domenicano, che ha tenuto l’omelia ai funerali di Dalla,
ammorbidisce i toni. «Sono stato frainteso. Penso solo che chi polemizza sia
viziato da un anticlericalismo volto a distruggere la Chiesa dall’esterno».
Boschi cambia note, non lo spartito. Eppure la sua omelia ai funerali aveva
colpito tutti. Con gentilezza e discrezione si era rivolto ad Alemanno,
chiamandolo per nome. Come se intercettasse il rapporto profondo che legava
il giovane attore al grande artista. «Che tonfo la notizia della morte di
Lucio, quasi crudele, vero Marco?», gli ha detto dall’altare prima che il
pro vicario generale monsignor Gabriele Cavina desse la parola al giovane,
annunciandolo come «collaboratore» del cantautore.
Padre Boschi, lei sapeva della relazione tra Dalla e Marco?
«Sono stato a casa di Lucio tante volte e ho capito che tra i due vi era un
legame artistico molto forte. Lucio aiutava e sosteneva Marco, poi la gente,
come al solito, guarda solo all’aspetto morboso. In questi casi, invece,
occorre molta comprensione».
Attenzione per un gay?
«Non abbiamo prove che Lucio fosse omosessuale. Se anche aveva questa
inclinazione, si confessava per le sue cadute. Non restava nel peccato. Era
un uomo di profonda fede, non un’icona omosessuale, come vogliono farlo
passare».
Nella sua vita privata era una persona discreta?
«Senz’altro, anche se chiaramente era un artista. Purtroppo in questi
giorni è stato scritto anche troppo su di lui e pure sul mio conto».
In che senso?
«Mi hanno definito “il confessore” di Lucio. Non è vero, io ero il suo
consigliere spirituale, o per meglio dire, totale, tanto che per la
confessione gli ho suggerito di andare da un altro religioso, perché potesse
essere più libero».
Durante il funerale il pro vicario generale ha ricordato che «chi vuol fare
la Comunione ed è in peccato mortale, prima si confessi». Cavina ha
rimarcato la chiusura della Chiesa all’omosessualità?
«Non possiamo ricondurre tutto a questo punto. Il pro vicario ha ricordato
quello che è l’atteggiamento giusto per ricevere il sacramento. Nulla di
più».
Ma la Chiesa come si pone di fronte agli omosessuali?
«Noi restiamo in ascolto di queste persone, accompagnandole verso un
percorso spirituale. La confessione c’è anche per loro. Se non ci fossero le
cadute, non avremmo bisogno della confessione. La Chiesa condanna il
peccato, non il peccatore».
Non l’ha colpita il fatto che il cardinale Carlo Caffarra abbia deciso di
non presiedere le esequie?
«L’arcivescovo era fuori Bologna in visita pastorale, non c’è stata alcuna
macchinazione. Venerdì sera sono stato contattato dal vicario generale,
monsignor Giovanni Silvagni, che mi ha detto di preparare solo l’omelia per
il funerale, perché la messa sarebbe stata officiata da monsignor Cavina.
Evidentemente anche Silvagni era impegnato».

 

*Intervista pubblicata il 6 marzo 2012

sul Quotidiano Nazionale (Giorno, Resto del Carlino, Nazione)

 

 

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