Pacem in terris

Intervista a Gianni Geraci: io, gay e credente

 

(Gianni Geraci, già portavoce dei gruppi omosessuali credenti)

<Non è male, in luogo di rapporti omosessuali occasionali, che due persone abbiano una certa stabilità> e quindi <in questo senso lo Stato potrebbe anche favorirli>. Sono parole del cardinale Carlo Maria Martini (Credere e conoscere, Einaudi, 2012), le sottoscrive?

<Non ho ancora avuto modo di leggere il libro nella sua interezza. Ciò detto, concordo con il cardinale, quando sostiene che le persone vanno aiutate a trovare una loro stabilità affettiva. Questo vale per tutti e quindi anche per gli omosessuali>.

Cinquantaduenne, varesino, di professione librario, Gianni Geraci non è un interlocutore qualsiasi in tema di fede e omosessualità. Per anni è stato il portavoce del Coordinamento gruppi di omosessuali cristiani in Italia, sodalizi ancora poco conosciuti nel tessuto ecclesiale, ma, in alcuni casi, attivi già da diverso tempo. Come Il Guado, a Milano, di cui Geraci è attualmente il responsabile della comunicazione. Conosciuto e stimato da vescovi e laici, che hanno a cuore l'accoglienza nei confronti di gay e lesbiche, con consapevolezza Geraci interpreta gli spiragli di Martini sulle unioni omosessuali, allargando il discorso alla recente giurisprudenza della Cassazione e ai funerali di Lucio Dalla. Ma non solo.

Geraci, Martini apre a una stabilità affettiva tra persone dello stesso sesso, ma dice no ai rapporti sessuali anche in un regime di coppia monogama. Perché nella Chiesa la sessualità omosessuale resta un tabù?

<Voi giornalisti fate spesso l'errore di identificare la Chiesa con questo o con quell'altro ecclesiastico autorevole. Nella costituzione dogmatica Lumen Gentium, invece, la Chiesa viene descritta come un <popolo> e in un popolo stanno insieme tantissime posizioni diverse anche perché convivono esperienze fra loro molto differenti>.

E quale è il suo vissuto affettivo e sessuale?

<Credo sia molto diverso da quello che ha il cardinale Martini: questo ci porta a valutare in maniera distinta alcuni aspetti della vita umana. Naturalmente l'arcivescovo è infinitamente più autorevole di me, ma io, quando si parla di omosessualità, ho alle spalle esperienze che lui senz'altro non ha fatto e che mi hanno portato a scoprire come anche l'intimità sessuale tra persone dello stesso sesso possa essere la manifestazione di un amore allo stesso tempo fedele, fecondo e responsabile>.

Proprio qualche settimana fa la Cassazione ha confermato, stante l'attuale legislazione, l'impossibilità per gay e elesbiche di contrarre matrimonio o di vedersi riconosciute in Italia le nozze celebrate all'estero. Non poteva essere altrimenti?

<L’anno scorso, prendendo spunto dal fatto che nella Costituzione si parla di matrimonio facendo riferimento sempre e comunque al termine generico di coniugi, la Corte costituzionale è stata interpellata sulla possibilità di applicare il diritto matrimoniale anche alle coppie dello stesso sesso. La risposta è stata negativa. Non credo che la Cassazione potesse pronunciarsi altrimenti>.

Il giudice comunque ha dichiarato <irrilevante l'identità sessuale per la qualificazione del rapporto di coppia di tipo matrimoniale>: si aprono le porte alle nozze omosessuali?

<Direi che anche in questo caso la sentenza fa riferimento a quanto stabilito dalla Corte costituzionale lo scorso anno. In quel verdetto si evidenziava la necessità di mettere a punto un istituto giuridico che regolasse le relazioni tra le persone dello stesso sesso. Pertanto la Cassazione non apre la strada alle nozze tra persone dello stesso sesso, ma sottolinea la necessità di una legge che riconosca diritti e dovere delle coppie omosessuali>.

Se non è più la diversità di sesso a fare il matrimonio, cosa dovrebbe caratterizzare le nozze che nella Chiesa cattolica restano un sacramento?

<L’esistenza dei matrimoni civili dimostra che non sempre le nozze sono un sacramento per la Chiesa cattolica. E nella legislazione civile la volontà dei coniugi di progettare una vita comune è molto più importante dell’apertura alla trasmissione della vita che, invece, è fondamentale per il diritto canonico>.

Ma la società italiana sarebbe pronta ad accogliere il matrimonio omosessuale?

<È pronta ad accogliere delle coppie omosessuali fondate su una relazione solida e duratura. Direi di più: la società italiana ha bisogno di scoprire che l’omosessualità non è sinonimo di promiscuità e di trasgressione>.

Non basta, come ha detto il vescovo emerito di Ivrea, Luigi Bettazzi, individuare <i diritti per lo stare insieme, di eredità e di continuità senza parlare di matrimonio>?

<Ci sono Paesi europei che, senza scomodare l’istituto del matrimonio, hanno messo a punto norme molto valide per disciplinare i diritti e i doveri delle coppie omosessuali. Basta pensare alla Lebenpartnerschaft tedesca che, se riconosce alcuni diritti, impone ai partner anche alcuni doveri>.

Matrimonio o meno, la Cassazione ha tuttavia riconosciuto il diritto alla vita familiare anche per le coppie omosessuali.

<Siamo alla seconda sentenza che sostiene l'inadempienza della politica italiana in materia. Purtroppo non è il primo e non è l’unico caso in cui questo capita: non dimentichiamo la egge sulla corruzione che l’Italia sta aspettando da anni>.

Secondo lei manifestazioni come il Gay Pride servono ad ottenere un'eguaglianza di diritti o allontanano dalla meta?

<Chi, come me, ha vissuto il Gay Pride dall’interno, sa che non è una manifestazione politica, ma piuttosto il momento in cui una diversità, che si tiene solitamente nascosta, viene alla luce e diventa motivo di fierezza. Da un punto di vista antropologico, il Pride è molto più vicino a certe espressioni della religiosità popolare che, giustamente, lasciano perplesso chi non le vive dall’interno>.

Che cosa prova, quando in occasioni come il Gay Pride, sente e vede slogan contro la Chiesa?

<Che in questi slogan c’è tanta disperazione e che la Chiesa dovrebbe fare di tutto per aiutare le persone che li urlano contro a ritrovare un po’ di fiducia e di speranza>.

Quanto è responsabile la gerarchia cattolica nel diffondersi dell'omofobia in Italia?

<Alcuni esponenti della gerarchia hanno responsabilità importanti. D’altra parte, nel 1998, in seguito alla morte di Matthew Shepard, nella Chiesa cattolica statunitense, furono molti gli esponenti di spicco che firmarono una lettera aperta in cui si riconoscevano le responsabilità della comunità ecclesiale di fronte all’emergere dell’omofobia, anche nelle sue manifestazioni più violente>.

Gay e credente il connubio è possibile?

<Certo che è possibile! Anche il Catechismo della chiesa cattolica dice chiaramente che le persone omosessuali: 'Sono chiamate a realizzare la volontà di Dio nella loro vita'. Ma direi di più: l’esperienza di tante persone dimostra che si può vivere in armonia la propria fede senza rinnegare la propria omosessualità>.

Lei come vive la sua fede in Cristo?

<La figura di Gesù ha un ruolo centrale nella mia vita ed è a lui che faccio costantemente riferimento durante la mia giornata. Non sono però uno di quei cristiani che dicono di sì a Cristo e di no alla Chiesa: senza la tradizione ecclesiale, che ce l’ha trasmessa, la figura di Cristo diventa qualche cosa di indefinito che rischia di diventare una proiezione dei miei desideri e delle mie suggestioni>.

Nella sua esperienza di omosessuale-credente quali sono le difficoltà principali che ha incontrato o incontra ancora nella comunità ecclesiale?

<Il termine 'comunità ecclesiale' è troppo generico per dare una risposta precisa. Posso dirle di aver incontrato figure che mi hanno aiutato molto a integrare la mia omosessualità con gli altri aspetti della mia vita, così come ho incontrato persone che mi hanno respinto, perché avevano paura dell’omosessualità. Adesso, che ho una certa età, ho imparato a voler bene agli uni e agli altri. Sarei, però, bugiardo se non dicessi che in passato certi atteggiamenti mi hanno fatto soffrire tanto>.

E nella dottrina cattolica sull'omosessualità che cosa la ferisce?

<Quando leggo il punto 2359 del Catechismo mii commuovo sempre, perché dimostra che nella dottrina cattolica ci sono tutti gli elementi che possono aiutare una persona omosessuale a vivere pienamente la sua fede e ad essere felice. Purtroppo molti uomini di Chiesa parlano a vanvera, si improvvisano psicologi, giuristi, antropologi o sociologi, e pretendono di parlare di omosessualità senza conoscere, nel concreto, il vissuto di molti omosessuali. Questa superficialità è una fonte di sofferenza molto grande per molti omosessuali credenti>.

Lei ha una vita di coppia?

<Ho un compagno da nove anni>.

Personalmente culla il sogno di sposarsi all'altare?

<Non ho mai pensato di sposarmi su un altare o di ufficializzare la mia relazione con una cerimonia religiosa. Sono convinto che la sacramentalità di una relazione, se c’è, si fonda sulla capacità di trasformare l’amore, che lega i due partner, in un autentico amor coniugalis, in un amore che supera la sua fase romantica e diventa impegno, responsabilità e progettualità comune. Da questo punto di vista, ritengo che il matrimonio sia qualche cosa di molto feriale e faccio fatica a identificarlo con una festa>.

Vorrebbe essere padre?

<Non ci ho mai pensato e, alla mia età, sarebbe poco responsabile progettare una paternità. Posso però dire di aver conosciuto delle persone omosessuali che sono degli ottimi padri>.

Parliamo dei gruppi credenti omosessuali: come vengono visti dai vescovi in Italia?

<La situazione varia molto da diocesi a diocesi. Ci sono situazioni in cui il vescovo ha aperto un dialogo con i gruppi di omosessuali credenti presenti nella sua comunità (penso ai casi di Parma e Cremona), così come ci esistono situazioni in cui il vescovo è chiuso rispetto a qualunque ipotesi di dialogo (non la conosco bene, ma mi viene in mente la situazione di Palermo)>.

All'estero la situazione è migliore?

<Anche qui i casi sono molto diversi e, più che ai vescovi, vanno ricondotti alle singole comunità parrocchiali. A Los Angeles, ad esempio, ci sono parrocchie che partecipano al Gay Pride, anche se il vescovo mi sembra sia molto critico nei confronti dell’esperienza dei gruppi di omosessuali credenti>.

Perché in Italia non esiste più il Coordinamento dei gruppi credenti omosessuali?

<Il Coordinamento dei gruppi di omosessuali cristiani in Italia è nato nel 1994 per iniziativa di alcune realtà che negli anni successivi hanno terminato il loro percorso. Quando, dopo il 2000, si è tentato di ripartire con un percorso comune, coinvolgendo tutti i gruppi di omosessuali cristiani, dopo gli entusiasmi iniziali, ci si è accorti che la maggior parte di queste realtà non era interessata a un percorso comune. Non aveva senso che ci fosse qualcuno che parlasse a nome di una realtà che non esisteva più>.

Nell'ultimo mese ha fatto molto discutere il caso di Lucio Dalla. Nella sua vita il cantautore, nonostante le voci su una sua presunta omosessualità, non ha mai fatto coming out. É stata una scelta condivisibile?

<Non lo so. Non me la sento di giudicare nessuno su una questione così delicata. Posso dire solo che, con il senno di poi, io sono felice di aver fatto il mio coming out, anche se vi assicuro che, quando nel 1999 ho accettato di essere intervistato da Repubblica come omosessuale credente, avevo molta paura>.

Secondo lei, in occasione dei funerali di Dalla, si è rispettata la volontà dell'artista o ha vinto la Chiesa dell'ipocrisia, visto che non si è fatto cenno all'orientamento sessuale del defunto?

<Dal mio punto di vista l’ipocrisia più grande è stata quella di definire Marco Alemanno un 'collaboratore' di Dalla. Tra l’altro si è trattato di un’ipocrisia inutile, perché in certe circostanze l’amore tra due persone emerge sempre e comunque>.

Il cardinale Carlo Caffarra ha preferito non celebrare le esequie...

<Io credo che sarebbe davvero bello se l’arcivescovo di una grande città cambiasse i suoi programmi non tanto per partecipare ai funerali di una persona ricca e famosa, ma per essere presente ai funerali di qualche povero Cristo, morto da solo e senza parenti. Perché, come scrive Georges Bernanos, il vero scandalo non è il fatto che, a duemila anni dalla morte di Cristo, ci siano ancora i poveri, ma il fatto che questi poveri siano ancora relegati in fondo alle chiese>.

Giovanni Panettiere

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